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domenica 30 dicembre 2018

OMEGA 3: UN INTEGRATORE UTILE


In questo articolo andrò a parlare degli omega-3, del perchè sono utili per gli sportivi (ma non solo), quali sono le fonti più ricche e come capire quali integratori sono migliori.


COSA SONO ?


Sono una categoria di acidi grassi polinsaturi.
Il numero 3 dopo la parola omega deriva dalla loro struttura chimica.
Gli omega-3 rappresentano una macro categoria rappresentata principalmente da:

  • ALA (acido α-linolenico)
  • EPA (acido eicosapentaenoico)
  • DHA (acido docosaesaenoico)

ALA sono definiti anche essenziali poiché, considerata l'impossibilità dell'organismo di sintetizzarli autonomamente, devono essere introdotti con la dieta, invece l’Epa e il DHA, seppur in minime quantità (5-10%) possono essere sintetizzati dall'organismo umano a partire dall’ALA.

PERCHÉ GLI OMEGA 3 SONO COSI IMPORTANTI ?

Gli omega 3 servono anche per bilanciare il rapporto con gli omega 6 (ovvero un altro tipo di grasso polinsaturo, che viene molto più facilmente assunto tramite la dieta visto che si trova in molti alimenti).

Infatti il rapporto tra omega-6:omega-3 nella dieta occidentale è molto spesso superiore a 10:1 ovvero un rapporto troppo elevato rispetto a quello ideale che dovrebbe essere compreso intorno ai 4:1.
Per riequilibrare tale rapporto è fondamentale aumentare il consumo di omega 3, un rapporto corretto è risultato molto importante per la prevenzione e il trattamento di patologie coronariche, ipertensione, diabete di tipo 2, disordini immunitari e infiammatori.

Grazie ad una diminuzione del “colesterolo cattivo” e aumento di quello buono, riduzione dei trigliceridi, diminuzione della pressione in persone con pressione alta, contribuisce anche a migliorare la salute cardiovascolare.

Per i podisti risulta molto utile un rapporto ottimale oltre che per l'aumentare dei livelli di salute generale, anche per ridurre il livello di infiammazione e il livello di cortisolo, ovvero l’ormone dello stress.

DOVE SI TROVANO?

Il problema principale è che è sempre più difficile mantenere un rapporto ottimale tra omega 6 e 3 perché molti alimenti hanno un rapporto sproporzionato a favore degli omega 6.


Infatti molti cibi che consumiamo nel quotidiano sono molto ricchi di omega 6 come l’olio di girasole e di mais, la carne di bovino, pollo e maiale allevati con mangimi a base di mais che risulta più ricca di omega 6 rispetto ad animali alimentati ad erba.

Anche esagerare con alcuni cibi “sani” può peggiorare tale rapporto, ne è un esempio la frutta secca che non ha un rapporto ottimale tra omega 3 e 6. Le migliori sembrano essere le noci piuttosto che gli anacardi, questo non vuol dire che 2 o 3 noci vi faranno male, ma che la moderazione è la via migliore.

L’unico modo per riequilibrare tale rapporto è aumentare l’assunzione di cibi che abbiano un rapporto più bilanciato verso gli omega 3.

QUALI SONO GLI ALIMENTI RICCHI DI OMEGA 3 ?

Cibi come i semi di lino hanno un'alto contenuto di omega-3 e un basso contenuto di omega-6, ma derivano principalmente dagli ALA, che darebbero meno benefici rispetto a cibi ricchi di omega-3 con alti livelli di DHA e EPA come tutti i pesci definiti grassi come salmone, sgombro, tonno ecc. 


Bisogna anche fare molta attenzione ai tipi di cottura. Le fritture e la cottura alla brace sono da evitare.
Da preferire la cottura a vapore, o la bollitura per pochi minuti e con riutilizzo dell’acqua di cottura (nel caso delle verdure).
La cottura al microonde sembra anche essere una buona tecnica.
Anche la conservazione gioca un ruolo chiave, è bene quindi conservare pesce e verdure possibilmente sottovuoto o in contenitori adatti.
Per i semi meglio tenerli in buste alimentari o contenitori ben chiusi. Per quanto riguardo l’olio di lino, è molto sensibile e quindi va tenuto in contenitori scuri e magari nella parte meno fredda del frigo.
Un problema è che molto spesso il contenuto di omega 3 varia dalla qualità del pesce come si vede in tabella, e questo può portare ad elevare notevolmente il prezzo della propria spesa.

Un altro problema del mangiare spesso elevate quantità di pesce, oltre al prezzo, rimane il fatto che pesci grandi come pesce spada, cernia, squalo, tonno (soprattutto i tranci, piuttosto che le scatolette il cui contenuto proviene da tonni più piccoli) contengono metalli pesanti come il metilmercurio, che alla lunga possono portare problemi perché vengono accumulati dall'organismo.

Da preferire quindi pesci di taglia ridotta come aringhe, naselli, sogliole, alici, sardine.

QUANTI OMEGA 3 DOVREI ASSUMERE ?

La dose raccomandata di omega 3 è tra 1-2g e 250-500mg di DHA + EPA. Ma per avere i benefici sopra elencati, la dose giornaliera dovrebbe arrivare a 2-3g di DHA + EPA, ovvero anche oltre i 6g di omega-3.

Viste le dosi e confrontate con quelle delle tabelle sopra elencate risulta molto difficile arrivare ad una dose che ci possa dare quei benefici aggiuntivi solo tramite l’alimentazione, ed è qui che interviene l’integrazione.

INTEGRAZIONE DI OMEGA 3

Sono sempre di più gli integratori di omega3 in commercio, il vantaggio maggiore riguarda il prezzo inferiore rispetto ad assumere le stesse quantità ma da pesci vari.

Il problema principale dell’integrazione di omega 3 è che bisogna imparare a leggere le etichette, perché molto spesso aziende millantano un elevato contenuto di omega 3, ma se si va a leggere il contenuto di EPA + DHA è molto basso. Infatti è meglio fare affidamento sul contenuto di quest’ultimo piuttosto che sul contenuto di omega 3 totali perché a dare più  benefici, è la quantità di EPA e DHA piuttosto che gli ALA, che spesso servono per aumentare il quantitativo totale di omega 3 nei vari integratori.

Un altro problema è valutare la qualità del prodotto, l'ideale sarebbe trovare un'integratore con marchio IFOS che ne garantisce la qualità e il ridotto contenuto di metalli pesanti che vengono tolti durante la lavorazione.

Un'altro integratore ricco di DHA e EPA,  ma con ridotto livello di metalli pesanti è l'olio di krill, ovvero un pesce che per via della sua alimentazione e delle sue dimensione contiene un basso livello di metalli pesanti.

sabato 15 dicembre 2018

CORSA IN SALITA: PERCHÉ E QUANDO É UTILE ?

In questo articolo andrò ad analizzare una tipologia di allenamento molto utile anche per i podisti che gareggiano in pianura ovvero gli allenamenti in salita, valutando le caratteristiche principali ed il motivo per cui vengono sovente utilizzati, dando anche una mia visione sull'argomento.
Per completezza andrò ad analizzare solo gli allenamenti come ripetute/cronoscalate e non gli sprint in salita che rappresentano un tipo di allenamento a sé stante, dei quali ne parlai in uno scorso articolo.


PERCHÉ UTILIZZARE LE SALITE?

Molto spesso gli allenamenti in salita vengono inseriti nella preparazione invernale come sorta di potenziamento muscolare, infatti vanno a migliorare la STRENGTH ENDURANCE ovvero la forza resistente, elemento molto importante per distanze di endurance.


COSA CAMBIA A LIVELLO TECNICO DURANTE LA CORSA IN SALITA?

La tecnica di corsa in salita rispetto alla corsa in pianura cambia sotto diversi aspetti, infatti a parità di sforzo
percepito oppure a parità di potenza espressa in salita, il ritmo calerà in modo più o meno marcato in base alla pendenza della salita.

Per esempio se durante una corsa in pianura  andiamo a 5’ al km i nostri muscoli lavoreranno in una certo modo, con un grado di attivazione molto differente rispetto a correre a 3’ al km. Infatti la falcata, l’estensione/flessione dell’anca ed altri fattori aumentano al progredire del ritmo rendendo lo stile di corsa a 3’ al km molto differente rispetto a correre a 5’ al km.

Ecco queste differenze vengono ancora più amplificate con la corsa in salita, per esempio se in pianura corriamo a 4’ al km, in una salita non troppo dura con lo stesso grado di sforzo correremo per esempio a 4’40”/km, rendendo lo stile di corsa differente ma rimanendo invariata la potenza che esprimiamo sul terreno per avanzare e lo sforzo.

COSA CAMBIA A LIVELLO MUSCOLARE RISPETTO A CORRERE IN PIANURA?

Durante la corsa in salita avremo il ginocchio con un grado di flessione maggiore durante il contatto con il suolo, cosi’ da attivare in misura maggiore il complesso muscolare dei quadricipiti.


Il tendine d'Achille viene sollecitato maggiormente in salita, perché aumenta la dorsiflessione della caviglia andando ad aumentare di conseguenza lo stiramento a livello tendineo.

L’estensione dell’anca diminuisce, cosi’ da ridurre il contributo del gluteo durante la fase di spinta, ma questo muscolo verrà chiamato maggiormente in causa dopo la fase di presa contatto con il suolo.

In tutto questo, il tempo sotto tensione a livello muscolare aumenta notevolmente, perché il tempo di volo diminuisce e il tempo di contatto con il suolo aumenta, cosi’ da sfruttare meno l'elasticità dei tendini, ma aumentando quella muscolare soprattutto di certi distretti muscolari.

Per questo motivo la corsa in salita viene definita più "muscolare" perché vengono attivati maggiormente e in maniera differente alcuni distretti muscolare rispetto alla corsa in pianura.

PERCHÉ UN PODISTA DOVREBBE UTILIZZARE LA CORSA IN SALITA?

Dal mio punto di vista queste sedute hanno un grande vantaggio se utilizzate lungo il corso della preparazione, ma per spiegare meglio questo concetto mi tocca spiegare il mio pensiero a riguardo.

Per sviluppare la massima performance l'allenamento devono portare a sviluppare al massimo due caratteristiche ovvero la capacità dell'organismo di correre all'intensità gara e l’efficienza della propria corsa al ritmo gara.

Mi preme sottolineare che per sviluppare ala massimo queste due caratteristiche non basta correre solo a ritmo gara, ma ci vuole tutto un allenamento di contorno svolto a sviluppare caratteristiche differenti lungo il corso della stagione per riuscire nella fase agonistica ad elevare al massimo del proprio potenziale queste due caratteristiche.

SPECIFIC METABOLIC FITNESS

Ovvero il sistema energetico che useremo per una specifica intensità. Per esempio correndo una maratona il sistema energetico predominante è quello aerobico sia lipidico che glucidico, durante una 10km il contributo predominante sarà quello aerobico glucidico e invece per un 800m avremo un contributo glucidico sia aerobico che anaerobico.

Per allenare questa caratteristica bisogna semplicemente correre all’intensità della nostra gara obiettivo.

Facendo quindi per esempio delle ripetute di 5’ al nostro ritmo gara sui 10km miglioreremo l'efficienza del nostro organismo a correre a questa specifica intensità.
Si potrebbe obiettare che per allenare tale caratteristica si possa fare lo stesso allenamento come intensità ma in sport differenti come in bici, visto che facendo un allenamento simile in bicicletta vado ad allenare gli stessi sistemi energetici. Il problema principale è che i muscoli che usiamo in bici vengono utilizzati in maniera molto differente rispetto alla corsa, stessa cosa, ma in maniera meno marcata, con la corsa in salita, ed ecco qui che viene introdotta la seconda categoria di adattamenti per esprimere la massima performance ovvero l’economy run.

SPECIFIC ECONOMY RUN

Ovvero la capacità di correre nel modo più efficiente possibile ad un determinato ritmo. Questa caratteristica viene allenata correndo più km possibili al ritmo gara.

Queste due caratteristiche combinate insieme e programmate con cura, portano alla massima prestazione quando sono opportunamente coese.

PERCHÉ LE SALITE SONO UTILI PER IL PODISTA?

L’allenamento più specifico in assoluto (dove vengono sviluppate entrambe le caratteristiche) è rappresentato dalle ripetute a ritmo gara.

Il problema principale delle ripetute a ritmo gara è che non posso essere utilizzate già ad inizio preparazione, perchè si rischierebbe di non sviluppare appieno tutte le altre abilità di supporto indispensabili per arrivare ad esprimere il proprio potenziale, e poi introducendo già delle ripetute a ritmo gara a inizio stagione si rischierebbe di andare incontro a un picco di forma troppo presto, dove la forma non è ancora ottimizzata.

Quindi si possono svolgere delle ripetute in salita ad intensità gara, per sviluppare solo uno dei due aspetti ovvero la SPECIFIC METABOLIC FITNESS e nel corso della stagione trasformare queste sedute in salite ad intensità gara in ripetute in pianura a ritmo gara. Cosi’ già nel primo periodo di allenamento andremo ad allenare una delle due componenti fondamentali e nel corso della stagione inseriremo l’altra componente (economy run) evitando cosi’ di “bruciarci” ed arrivare in forma troppo presto.

QUANDO UTILIZZARLE?

PERIODO DI COSTRUZIONE

In definitiva se si preparano gare in pianura consiglierei di svolgere delle sedute in salita ad intensità gara durante il periodo di costruzione, per esempio, se si prepara una mezza maratona, si potrebbe svolgere un’allenamento su una salita lunga come 5x6’ rec.1’, dopo ogni seduta aumentare il volume, incrementando la durata della prova oppure le ripetizioni totali.

PERIODO PRE AGONISTICO

In questa fase lo scopo principale è trasformare il lavoro svolto nel periodo precedente portandolo in pianura con allenamenti più specifici.

Il mio consiglio è quello di svolgere prima delle ripetute in pianura e poi delle ripetute in salita nella stessa seduta.

All'inizio di questo periodo il volume delle ripetute in pianura sarà minore rispetto a quelle in salita per poi nel proseguo del periodo invertire la tendenza fino ad arrivare a svolgere solo ripetute in pianura.

PERIODO AGONISTICO

In questo periodo il focus sarà di sviluppare la massima economy run e specific metabolic fitness al ritmo gara, quindi consiglierei di svolgere solo ripetute in pianura. Alcuni atleti potranno beneficiare di un “richiamo” svolgendo ogni 2/4 settimane una parte dell’allenamento in salita.

Ho sempre parlato di ripetute ma nulla vieta per maratoneti e mezzi maratoneti di svolgere un medio o un corto veloce.

PENDENZA DELLA SALITA

L a salita dovrebbe essere non troppo pendente, diciamo idealmente tra il 3 e il 5% cosi da permettere una corsa non troppo differente dalla corsa in pianura.

Anche la pendenza in base alle caratteristiche dell’atleta può essere modulata nel corso della stagione, magari utilizzando pendenze più verso il 6/7% ad inizio preparazione, per poi calare con la pendenza cosi’ da rendere il gesto tecnico sempre più simile a quello gara.

VOLUME

Il volume totale delle ripetute in salita è meglio calcolarlo con i minuti piuttosto che con i km.

PROBLEMATICHE

Il problema principale di questo tipo di allenamento, soprattutto per chi prepara gare mediamente lunghe, è che non tutti dispongono di una salita molto lunga, perché è impensabile svolgere un 5x5’ in salita recuperando correndo al punto di partenza, i recuperi sarebbero troppo dilatati e correre stanchi in discesa cosi’ a lungo può aumentare notevolmente il rischio infortunio.

Il mio consiglio è quello di cercare una salita lunga e fare i recuperi camminando o di leggera corsetta, per poi farsi venire a prendere quando si è finito il lavoro.

Chi non dispone di una salita cosi’ lunga potrebbe svolgere questa seduta sul tapis roulant.

Tutte queste considerazioni sono fatte per atleti che hanno come obiettivo gare in pianura, per atleti di corsa in montagna l'allenamento cambia.

lunedì 26 novembre 2018

QUAL È IL TERRENO MIGLIORE DOVE CORRERE?


Molto spesso si sente dire che la corsa su asfalto è la più traumatica e sarebbe meglio correre su terreni più morbidi per avere meno stress sui tendini e articolazioni, ma un terreno morbido è sempre migliore di uno più "duro"? Quanto si perde in termini di performance su terreni più morbidi? Qual'è il miglior terreno dove correre come rapporto performance-salute articolare? Scopriamolo


DIFFERENZE TRA I VARI TIPI DI TERRENO

Un elemento molto importante riguardo la tecnica di corsa è la capacità dei muscoli/tendini di sfruttare la loro forza di tipo elastico e reattivo, chiamata stiffness.

Questa componente è molto influenzata dalla tecnica dell’atleta, ma ci sono anche fattori esterni che hanno una notevole influenza come il tipo di scarpa oppure il terreno.

Correre su strada consentirà di avere una stiffness maggiore ovvero il dispendio energetico sarà minore rispetto a correre su un prato allo stesso ritmo.

Ma aumentando la “durezza” del terreno aumenteremo anche le forze di impatto, con conseguente maggior rischio di infortunarsi, ma anche terreni troppo morbidi possono contribuire all'aumento del rischio infortuni.


TIPI DI TERRENO:

ASFALTO

Questo è il terreno di allenamento preferito dalla maggior parte di runner, poiché è la maggioranza delle strade che si trovano in Europa.
  • Pro: terreno molto prestativo, quindi ottimo per allenamenti qualitativi e gare, per consentire la massima prestazione.
  • Contro: terreno non ideale per fare tutti i tipi di allenamento, soprattutto se si fanno tanti km a settimana. Essendo il terreno sempre lineare ogni passo sarà molto simile al precedente cosi’ da accentuare eventuali scompensi nella tecnica di corsa del soggetto aumentando l’utilizzo di alcune strutture dell’apparato muscolo-scheletrico e incrementando cosi’ il rischio di infortunio. La linearità del percorso non allena le capacità propriocettive rendendo cosi alcune strutture come le caviglie più a rischio distorsioni quando si correrà su terreni sconnessi.
  • Quando correrci: per svolgere allenamenti qualitativi o in alcuni casi i lenti in mancanza di percorsi sterrati.

TAPIS ROULANT

Molto utilizzato dai runner iscritti in palestra, soprattutto durante giornate piovose e nei mesi invernali.
  • Pro: terreno più morbido dell’asfalto ma questo varia molto in base al tipo di macchinario.
  • Contro: come correre sull'asfalto non allena le qualità propriocettive e questo fattore è ancora più accentuato dalle variazioni di direzione inesistenti. Il fatto di eseguire ogni passo uguale al precedente può andare a creare degli affaticamenti di alcune parti del corpo, se la propria corsa non è ottimale, infatti correre sempre su asfalto o sul tapis roulant non aiuterà di certo a prevenire gli infortuni. La tecnica di corsa su tapis può variare leggermente rispetto alla corsa su strada, rimando ad un interessante articolo.
  • Quando correrci: quando le condizione fuori sono troppo avverse oppure in caso di mancanza di percorsi sterrati dove svolgere i lenti, l'importante è non abusarne.

PISTA DI ATLETICA

Le piste di atletica possono variare molto, per esempio piste più vecchie avranno una risposta elastica minore rispetto a piste più moderne, rendendole cosi' più simili come superficie alla strada. Ma anche le piste nuove possono essere diverse una dall'altra per esempio alcune piste sono più orientate verso la performance (quindi meno consigliate per correrci molti km con le chiodate per i mezzofondisti) altre invece più per l'allenamento avendo un coefficiente di assorbimento degli urti maggiore.
  • Pro: ottima per fare ripetute vista anche la precisione delle distanze. La performance in confronto a gare su strada può aumentare ancora per atleti di medio-alto livello su distanze brevi che usano (e sanno usare) le chiodate.
  • Contro: non ideale per fare ogni lavoro, soprattutto se si preparano gare dai 10km in su, perché correre sempre in un senso rischia di creare degli scompensi tra una gamba e l’altra. Fare tanti km in pista con le chiodate può portare affaticamento ai polpacci e aumenta il rischio di infortuni ai piedi, come l’infiammazione del tendine d'achille, che viene molto sovra-sollecitato con le chiodate (avendo drop praticamente zero).
  • Quando correrci: ottima per svolgere ripetute più meno brevi nel periodo pre-agonistico e agonistico, per chi vuole svolgere gare in pista.
  • Prestazione: /

STRADA BIANCA/TERRA BATTUTA

Tipica strada che si trova nelle nostre campagne, può variare molto come terreno.
  • Pro: impatto minore, poca perdita a livello di efficienza se la strada è pulita senza troppi sassolini. Non essendo un terreno completamente piatto, il piede ad ogni impatto appoggia in maniera differente, cosi’ da allenare le qualità propriocettive e rinforzare le caviglie.
  • Contro: molto spesso sono strade con solchi di trattori oppure con molte pietre, a volte anche molto sconnesse.
  • Quando correrci: ottime per fare i lunghi lenti, se sono in condizione buone possono essere una ottima soluzione anche per fare medi e ripetute, ricordo infatti che i keniani svolgono tutte le loro corse su terreni simili alle nostre strade bianche, pure le ripetute sotto i 2’30”/km. Quindi se abbiamo a disposizione un buon percorso si può sfruttarlo per diminuire l’impatto con il terreno, e la performance ne risentirà poco.
  • Prestazione: + 2/5” /km (dipende molto dalla qualità del terreno).

TRAIL/SENTIERO

Per certi versi simili alle strade bianche, ma il classico sentiero ha una  carreggiata più stretta e il terreno è più sconnesso.

  • Pro: stessi delle strade bianche, ma in questo caso il lavoro propriocettivo aumenta notevolmente, l’impatto con il terreno è ancora minore visto che di norma il terreno è più morbido.


  • Contro: maggior rischio di prendere storte, oppure di inciamparsi, non adatto per fare lavori.


  • Quando correrci: ottimi per fare i lunghi lenti, collinari, ma non adatti per lavori veloci.


PRATO

Purtroppo in italia non disponiamo delle piste che spesso vediamo in America o in Sud Africa (come in foto), oppure di campi da golf dove correre come in diverse campestre negli USA. Ma una buona alternativa sono i campi da calcio soprattutto se il campo è sintetico.

  • Pro: ottimo per fare lavori di ripetute riducendo gli impatti.


  • Contro: difficili da trovare.


  • Quando correrci: ottimi da utilizzare durante le prime fasi della preparazione pre pista per svolgere ripetute sia per sprinter che per fondisti. Infatti molto spesso si vedono sprinter giamaicani o dei college Americani allenarsi sui prati all'interno della pista fino all'inizio della stagione agonistica.


  • Perdita in termini di prestazione: + 4/6” /km


TERRENO DA CAMPESTRE

Questo terreno può variare notevolmente da gara a gara, può essere un prato più o meno scorrevole, con alcuni tratti anche in terra battuta.


  • Pro: ottimo terreno per preparare le campestri ma anche per altre distanze cosi’ da svolgere un potenziamento più specifico dei classici esercizi. Allena molto la resistenza muscolare andando ad attivare maggiormente alcuni muscoli e allena le qualità coordinative e propriocettive grazie al terreno sconnesso e ai continui cambi di direzione.


  • Contro: Rischio di sovraccaricare i tendini indossando le scarpe chiodate e maggior rischio di prendere storte soprattutto per gli amatori che decidono di correre con le scarpe da trail.


  • Quando correrci: durante la stagione invernale svolgendo ripetute più o meno lunghe. Nelle grandi città d’inverno l’erba dei prati è bassa e può diventare un’ottimo potenziamento specifico, non solo per chi prepara le campestri.


SABBIA

Molto spesso lungomare si vede qualcuno correre, può sembrare bello, ma può nascondere anche delle insidie.

  • Pro: allenamento propriocettivo massimo.


  • Contro: terreno molto soffice, rischia di aumentare notevolmente il rischio infortunio (sopratutto al tenine d'achille),  molto spesso il terreno lungo mare è inclinato verso il mare, altro elemento non ideale per correrci a lungo.


  • Quando correrci: più che correrci può essere usato per svolgere alcune andature per rinforzare piedi e caviglie (ovviamente scalzi), oppure svolgere degli allunghi scalzi come sorta di potenziamento. Sconsiglierei di svolgere corse prolungate soprattutto con le scarpe.


NEVE


D’inverno non è solito trovare strade imbiancate dove correre sulla soffice neve.

  • Pro: impatto minimo, ma dipende molto dalla consistenza della neve, buon lavoro propriocettivo.


  • Contro: rischio molto elevato di cadere se si mette per sbaglio il piede su una lastra di ghiaccio coperta dalla neve e corsa non ottimale causa scivolamento se non si indossano scarpe da trial adatte. 
  • Quando correrci: In generale se si può farne a meno sconsiglierei di correrci sopra dato che comporta molti rischi e quasi nessun beneficio.



CONCLUSIONI

In definitiva i terreni migliore sono le strada sterrate scorrevoli e prati ben curati , ma difficilmente si potrà correre sempre nello stesso percorso, quindi in definitiva per ridurre al minimo gli infortuni direi che la scelta migliore è variare il più possibile i terreni di allenamento, cercando di evitare il più possibile di correre  troppo sovente su strade asfaltate, sopratutto se si macinano molti km.

domenica 18 novembre 2018

VITAMINA D: UN INTEGRATORE IMPORTANTE PER IL RUNNER

Per la serie integratori utili per il runner, oggi andremo a scoprire la vitamina D ovvero una delle vitamine di cui la maggior parte delle persone  ha carenza, soprattutto nei mesi invernali.
Ma cosa comporta una carenza di questa vitamina ? E' utile un’integrazione per il podista?
Scopriamolo in questo articolo


CHE COS’É LA VITAMINA D ?

La vitamina D è molto importante nel nostro organismo perché serve per preservare la salute ossea, andando a regolare il metabolismo del calcio e a supportare il sistema immunitario.

Infatti una sua carenza è un fattore di rischio per molte malattie come osteoporosi, Alzheimer, ecc. ma alche per alcuni infortuni come le fratture da stress. La vitamina D ha anche dimostrato di svolgere un’attività potenzialmente in grado di prevenire o rallentare lo sviluppo del cancro.

Quindi risulta una vitamina molto importante nel nostro organismo.

FABBISOGNO DI VITAMINA D

Per sapere se si ha una carenza di vitamina D basta fare un esame del sangue, i valori sono questi sotto riportati:


DOVE SI TROVA ?



Un terzo del fabbisogno giornaliero di vitamina D proviene dall'alimentazione.

I cibi in cui se ne trova di più (oltre a quelli che ne sono arricchiti a livello industriale, come molti cereali o alcuni tipi di latte vegetale) sono i pesci grassi (come salmone, sgombro e aringa), il tuorlo d'uovo, il fegato ed i latticini.

Ma la maggior parte della vitamina D si forma nella pelle grazie ai raggi solari.

Il problema principale viene dal fatto che la produzione di vitamina D cambia molto in base all'intensità dei raggi solari, quindi in paesi vicini all'equatore i raggi solari saranno più “potenti” e quindi con un adeguato tempo di esposizione al sole, difficilmente avremo una carenza di vitamina D. 
Ma alle nostre latitudini, soprattutto nei mesi più freddi, molte persone soffrono di una carenza di vitamina D per il fatto che l’intensità dei raggi solari è minore, che riduciamo il tempo di esposizione all’aria aperta e rimaniamo più coperti, riducendo cosi’ la superficie della pelle a contatto con i raggi solari.


Inoltre il sole che più attiva la vitamina D è quello tra le 12.00 e le 15.00 durante i mesi tra maggio e settembre, ovvero quell'orario in cui viene sconsigliato di stare troppo al sole, per di più le abitudine sono cambiate e si passa sempre più tempo in casa o in ufficio e ciò rischia di portare una carenza di vitamina D non solo in inverno.

Uno studio del 2009 dimostrò come il 65% dei soggetti sani ha una carenza di vitamina D, particolarmente a rischio sono anche quelle persone con una carnagione scura.

QUINDI UN’INTEGRAZIONE IN MOLTI CASI PUÒ' ESSERE UN OTTIMO SCELTA NON SOLO PER LO SPORTIVO


PERCHÉ' UNO SPORTIVO DOVREBBE INTEGRARE LA VITAMINA D ?

Un’integrazione di tale vitamina può giocare un ruolo molto importante per la prevenzione di alcune malattie cardiovascolari, alcuni tipi di cancro e altre malattie.

In più soprattutto per gli sportivi e le persone anziane è un'ottimo aiuto per prevenire alcuni infortuni come le fratture da stress.

Infine aggiungo che un deficit di tale vitamina può ridurre notevolmente le prestazioni.

QUANTA ASSUMERNE ?

Un buona dose come integrazione, nei mesi invernali, ma anche nei mesi estivi se si sta poco tempo all’aria aperta e se si mangiano pochi pesci “grassi”, è di 2000IU(50ug), ovvero un range  tra i 20-80IU/kg di peso al giorno.

La migliore forma è la D3 ovvero quella maggiormente assorbibile dall’organismo, un’altra forma molto comune contenuta soprattutto nel latte vegetale o nei cereali è la D2 che è meno biodisponibile da parte dell’organismo.

L’ideale è assumerla durante il pasto, meglio se un pasto non privo di grassi, visto che ne aiutano l’assorbimento.

Molto spesso vengono consigliati degli “shoot” di vitamina D da 25000/50000 IU da assumere una volta al mese, visto che questa vitamina al contrario di molte altre viene immagazzinata dall'organismo. Questo tipo di integrazione può essere molto comodo e utile per persone che non praticano attività fisica agonistica, mentre per persone che si allenano molto consiglierei una dose come sopra riportata (ovvero intorno alle 2000IU), cosi’ da avere un netto di vitamine mensili maggiori rispetto ad uno shoot da 2500/50000IU.

La ricerca suggerisce che un limite sicuro è una dose giornaliera (in cronico) minore di 10.000 UI.

CONCLUSIONE

La vitamina D risulta uno degli integratori più economici sul mercato ma allo stesso tempo più utili a scopo preventivo non solo per lo sportivo.

martedì 13 novembre 2018

ABBIGLIAMENTO A COMPRESSIONE: È REALMENTE UTILE PER IL RUNNER ?


Negli ultimi anni sta aumentando esponenzialmente il numero di podisti che indossano abbigliamento a compressione.
Ormai sono diventati un classico di molti  amatori indossare le “polpaccere”, ma perché vengono indossate, migliorano le prestazioni ? aiutano il recupero ? o sono inutili ? scopriamolo in questo articolo.


ABBIGLIAMENTO A COMPRESSIONE

Il concetto che sta alla base di questi indumenti, è quello che indossati andrebbero a “comprimere” con forza differente il muscolo, cosi’ da consentire un maggior afflusso di sangue, che porterebbe ad un migliore smaltimento dei metaboliti di scarto, come per esempio l'acido lattico.

MIGLIORAMENTO DELLE PRESTAZIONI

Molti studi [1,2,3,4] hanno dimostrato che non migliorano le prestazioni, sia su distanze brevi che su gare più lunghe come la maratona.
Quindi, se quando le avete indossate avete  fatto il vostro PB e siete convinti che vi diano quel qualcosa in più, molto probabilmente è un effetto placebo, per cui se in una gara ve le siete dimenticate a casa, non disperatevi non saranno di certo quelle a impedirvi di fare il personale.

RECUPERO

Alcuni studi [5,6,7,8] hanno riscontrato un lieve miglioramento delle sensazioni dopo un sforzo intenso, ma anche in questo caso si ipotizza che l’effetto placebo giochi un ruolo importante.

CRAMPI

Alcune persone, soprattutto chi dispone di masse muscolari un po’ sviluppate e soffre soprattutto negli arti inferiori di crampi come ai polpacci, hanno notato una diminuzione dei crampi usando le calze a compressione, probabilmente dovuto al fatto che queste calze danno più sostegno a chi dispone di masse muscolari più sviluppate.

CONCLUSIONE

L’abbigliamento a comprensione non porta vantaggi cosi' significativi per cui valga la pena comprarli,  però grazie alla pubblicità molto spinta di  marche che vendono questo tipo di abbigliamento promettendo vantaggi quasi miracolosi, hanno portato il podista a credere in questi effetti e quindi provare l’effetto placebo, anche se realmente non danno un vantaggio cosi’ marcato né sulla prestazione e probabilmente neanche sul recupero.

Forse solo le persone con muscolature un po’ sviluppate oppure per chi soffre spesso di contratture ai polpacci ha senso acquistare questi prodotti.

sabato 3 novembre 2018

ANTIOSSIDANTI: POSSONO RIDURRE LA PERFORMANCE PER IL RUNNER?

Molto spesso si sente parlare dell’importanza di avere una dieta ricca di antiossidanti (come per esempio la vitamina C,E), soprattutto per quelle persone che svolgono allenamenti di endurance, ma è sempre conveniente assumere antiossidanti oppure potrebbe ridurre la performance ?


COSA SONO GLI ANTIOSSIDANTI ?

Il nostro corpo produce dei prodotti di “scarto”  chiamati radicali liberi che si formano naturalmente all'interno delle cellule del corpo, quando l’ossigeno viene utilizzato per produrre energia (ossidazione), quindi durante ogni gesto quotidiano, come dormire, stare seduti, ecc. produciamo radicali liberi, perché utilizziamo l’ossigeno per produrre energia. Quando facciamo attività fisica il nostro corpo richiede più ossigeno e quindi aumenterà di conseguenza la produzione di radicali liberi.

La quantità di radicali liberi prodotti durante uno sforzo è direttamente proporzionale alla durata e all'intensità dell'esercizio ed inversamente proporzionale al grado di allenamento di chi lo pratica.


Molto spesso si sente parlare dell’effetto benefico degli antiossidanti ovvero delle sostanze contenute in alcuni alimenti (soprattutto frutta e verdura) in grado di contrastare la produzione di radicali liberi.

Infatti se abbiamo un elevato livello di radicali liberi ed il nostro corpo non è in grado di contrastarli porta ad uno stress ossidativo dannoso per l'organismo, quindi se l’attività fisica aumenta la produzione di radicali liberi, sarebbe meglio non praticare attività fisica ?

Assolutamente no, perché l’attività sportiva porta alla produzione di una maggiore quantità di radicali liberi, ma migliora anche i meccanismi di smaltimento, quindi una persona che pratica regolarmente attività fisica, a riposo avrà una quantità inferiore di radicali liberi rispetto ad una persona sedentaria. Ciò significa che la funzione antiossidante nel corpo degli sportivi è molto più accentuata che nei sedentari.

Può comunque succedere che, per il scarso grado di preparazione fisica o per l'eccessiva intensità, durata o frequenza di allenamento, la produzione di radicali liberi finisca col superare le capacità di difesa dell'organismo e quindi molto spesso vengono consigliate diete con cibi contenenti molti antiossidanti oppure integratori alimentari.

Quindi, assumere molti antiossidanti, aiuta anche la prestazione o può addirittura peggiorarla ?

STUDI

Negli ultimi anni sono stati condotti diversi studi sull'integrazione di vitamina C ed E [1] (due antiossidanti) ad alti dosaggi e non sono stati riscontrati né miglioramenti delle performance [2], né una riduzione dei DOOMS [3] , ma al contrario hanno trovato che alte dosi assunte cronicamente vanno a diminuire alcuni adattamenti che l'allenamento di endurance porta, andando a ostacolare la genesi dei mitocondri [4], ovvero gli organuli che producono energia ed aumentano con il progredire dell’allenamento.

Infatti alte dosi di vitamina C ed E sembrerebbero interferire con i processi di recupero e quindi compromettere una parte dei processi di supercompensazione, molto importanti per migliorare la propria condizione fisica.



QUINDI BISOGNEREBBE EVITARE I CIBI RICCHI DI ANTIOSSIDANTI ?

Assolutamente NO, gli studi sono stati condotti assumendo una supplementazione di vitamina C (1g) ed E (235mg) ovvero quote veramente molto difficili da raggiungere nella propria dieta, anche se si mangiano molti cibi ricchi di vitamina C, per fare un esempio, per arrivare ad assumere 1g di vitamina C bisognerebbe mangiare qualcosa come 13 kiwi (il kiwi è uno degli alimenti più ricchi di vitamina C).



CONCLUSIONI

Quindi cosa portarsi a casa da questo articolo?

Che non bisogna assolutamente evitare i cibi che contengono un’alta quota di antiossidanti, ma che un’integrazione di vitamina C o E non sempre giova sulla prestazione. Quindi va bene assumere un integratore di vitamina C ad alte dosi nei periodi dove si hanno i classici malanni di stagione (visto che molti studi hanno dimostrato essere un integratore utile in questi casi), purché l’integrazione di queste vitamine ad alte dosi non diventi un’abitudine (se si assume un multivitaminico controllare che le due vitamine non siano in dosi troppo elevate) e non si assumano a ridosso dell’allenamento, se il proprio obiettivo è la massima prestazione.

domenica 28 ottobre 2018

COSA ASSUMERE DURANTE LA MARATONA?

Dopo aver trattato nello scorso articolo l’alimentazione nella settimana precedente la maratona per arrivare ai nastri di partenza con le scorte di “carburante piene”, oggi parlerò dell’alimentazione in gara visto che, per arrivare al proprio massimo potenziale in maratona, l’alimentazione pre gara non basta, ma bisogna integrare durante.


COSA ASSUMERE IN GARA ?

Assumere cibi solidi non risulta l'ideale in gare di durata "relativamente" breve come la maratona (per le ultramaratone il discorso cambia), perchè metterebbero in atto una vera e propria digestione. Bisogna quindi cercare di assumere qualcosa di facilmente assimilabile dall'organismo, per praticità la scelta ottimale risultano essere dei gel insieme a dell’acqua, oppure degli energy drink.

PERCHÈ ASSUMERE CARBOIDRATI IN GARA ?

Svolgendo un carico di carboidrati nei giorni precedenti la competizione avremo le scorte di glicogeno muscolare ed epatico piene, ma questo non basta per massimizzare la nostra prestazione. Infatti molto spesso i maratoneti si trovano di fronte al “muro” del 30esimo km e per abbattere questo muro è indispensabile essere allenati, ma un altro fattore molto importante riguarda l’alimentazione durante la gara, per consentire al corpo di non finire il carburante, visto che, se vengono esaurite le scorte di glicogeno, non si potranno neanche utilizzare i grassi come fonte energetica, per questo risulta fondamentale avere sempre delle scorte glucidiche a disposizione.

GUIDA PRATICA

L’ideale sarebbe svolgere un primo rifornimento dopo un’ora e poi ogni 30'/45'.

Per un maratoneta da sub 3h si può ipotizzare un'assunzione di 30/60g di carboidrati ogni ora quindi, supponendo un rifornimento ogni 30’ significa assumere 1 o 2 gel ogni rifornimento.

Per i podisti che pensano di svolgere la maratona sopra le 3h il quantitativo di carboidrati da assumere può arrivare fino a 90g ogni ora.

Il quantitativo di carboidrati da assumere ogni ora cambia molto da persona a persona, alcuni soggetti tollerano meno un'integrazione durante la gara e quindi devono assumere meno carboidrati, stessa cosa per una donna che pesa 50kg avrà una necessità di carboidrati minore rispetto ad un uomo di 80kg.

QUANTO BERE ?

Questi gel devono essere assunti insieme a dell'acqua per diluire la quantità di carboidrati ingerita.

La quantità di acqua da assumere cambia in base alla temperatura, per esempio se la maratona prevede temperature dai 15 a 25 gradi si possono assumere carboidrati e acqua in una soluzione del 15-18% ovvero se in un rifornimento assumeremo 30g di carboidrati tramite un gel vuol dire che dovremmo bere sui 200/160 ml di acqua ed in questo caso servirebbe anche un'integrazione di sali.

Se invece la temperatura è ideale (sub 12 gradi) si può assumere anche solo 100/150 ml di acqua ogni volta che prendiamo un gel.

È UTILE ASSUMERE CARBOIDRATI PER DISTANZE PIÙ BREVI ?
Assumere carboidrati può essere utile se la gara supera i 75', ma l'integrazione non risulta fondamentale, solo per gare superiori ai 90'/2h incomincia ad assumere un ruolo molto importante ai fini della prestazione.
Qui sotto riporto una tabella riassuntiva.



CONSIGLI

  • Sperimentate in allenamento le dosi che prenderete in gara e non assumete nessuna nuova marca di integratori che non abbiate già testato in allenamento.

  • Non esagerate con l'assunzione d'acqua se le temperature sono basse.

  • Non superare le dosi sopra riportate, di più non è sempre sinonimo di meglio.

sabato 20 ottobre 2018

COME MIGLIORARSI IN MARATONA? - CARICO DI CARBOIDRATI


Questo sarà il primo di una serie di articoli dove parlerò di come ottimizzare la propria prestazione in maratona grazie ad alcuni accorgimenti sull'alimentazione pre e durante la gara.
Il primo metodo per migliorare le proprie performance in competizioni di durata superiore ai 90’, come la maratona, è il carico di carboidrati nei giorni precedenti la gara.

IN COSA CONSISTE IL CARICO DI CARBOIDRATI?

Il carico di carboidrati consiste nel “riempire” le scorte di glicogeno prima della gara, così da disporre di maggiori riserve di “carburante” da sfruttare in gara.


PERCHÉ SVOLGERE IL CARICO DI CARBOIDRATI?


In gare di diverse ore le scorte di glicogeno vengono depletate e questo è uno dei fattori principali che limitano la prestazione, quindi risulta fondamentale partire con le riserve di glicogeno piene per sfruttare appieno le proprie potenzialità. Un metodo per saturare queste scorte nei giorni precedenti alla gara è il carico di carboidrati.


MODALITÀ

Questa pratica incominciò a diffondersi negli anni 60’, dove gli atleti svolgevano 3-4 giorni di allenamenti intensi abbinati ad una dieta ipoglucidica, con l’intento di depletare il più possibile le scorte di glicogeno, per poi avere una “supercompensazione” delle riserve di glicogeno nei successivi tre giorni che precedevano la gara, nei quali veniva svolta una dieta molto alta di carboidrati.

Questa strategia non risulta per nulla ottimale perché prevederebbe di svolgere nella settimana della gara 3 allenamenti intensi ravvicinati così da inficiare i vantaggi di uno scarico pre-gara.

Ormai diversi studi hanno dimostrato che esistono metodi più efficaci per svolgere un corretto carico di carboidrati, il primo fra tutti consiste di mantenere invariata la propria dieta nella settimana precedente la gara che in ogni caso deve essere alta di carboidrati.

Ma allora il corpo come fa a massimizzare le scorte di glicogeno se ci si alimenta sempre nello stesso modo?

Semplicemente perché l’intensità e il volume di allenamento diminuiscono notevolmente causa lo scarico pre gara ed il corpo avrà bisogno di meno calorie delle solite che siamo abituati ad ingerire, quindi mantenendo le calorie giornaliere invariate il corpo si troverà in leggero surplus calorico ed abbinato ad una dieta ricca di carboidrati utilizzerà questo surplus di calorie per massimizzare le scorte di glicogeno.

GUIDA PRATICA

Una dieta alta di carboidrati potrebbe essere composta da un 70-75% di calorie derivanti dai carboidrati, 15-20% da proteine e 10-15% da grassi (ricordo che 1 grammo di proteine o carboidrati apportano 4 kcal e 1 grammo di grassi 9 kcal).

Quindi se la propria dieta normalmente è più equilibrata nella suddivisione dei nutrienti come per esempio, un apporto del 50-55% di calorie derivante dai carboidrati, si dovrebbe mantenere tale dieta fino ai 3-4 giorni precedenti la gara per poi spostare i propri macro nutrienti su una % come riportato sopra.

Quindi ricapitolando se per esempio normalmente svolgiamo 80km a settimana e assumiamo 2500kcal al giorno, le calorie rimarranno più meno invariate (questo dipende anche da quanto aggressivo è il nostro scarico), ma durante i 3 giorni precedenti alla gara sposteremo le calorie sui carboidrati sacrificando i grassi e le proteine.

COLAZIONE

La colazione serve solo unicamente per riempire le scorte di glicogeno epatico che abbiamo consumato durante la notte , quindi risulta inutile alzarsi 4h prima per mangiare un piattone di riso o pasta.

L’ideale è assumere sui 60/120g (1.5/1.8g di carboidrati per il proprio peso corporeo) 2/3h prima del riscaldamento in base a come si è abituati.

La colazione deve essere molto alta di carboidrati evitando grassi, fibre e troppe proteine che rallenterebbero la digestione.

Non esiste la colazione ideale pre-gara, ma esiste la colazione ottimale per ogni individuo, questo bisogna testarlo nelle settimane precedenti per trovare la propria colazione ideale, consiglio comunque di con superare le 600kcal, e se si viaggia per gareggiare, portarsi dietro ciò che si assume di solito per non rischiare che in albergo non troviamo un nostro amato alimento.

ERRORI DA NON FARE

I giorni prima bisogna si diminuire l’introito di proteine, ma senza esagerare visto che molto spesso i runner sottovalutano il loro bisogno proteico, consiglierei di rimanere comunque in un range tra i 1,3-1,6 g di proteine per kg di peso corporeo.
Non preoccuparsi se si prende del peso, è normale che sia cosi’, perché se il nostro corpo dovrà immagazzinare più glicogeno a livello muscolare di quello che normalmente disponiamo ovviamente il peso sulla bilancia aumenterà. Questo soprattutto perché per ogni grammo di glicogeno immagazzinato vengono "presi" 3 grammi di acqua, cosi facilmente il nostro peso potrà aumentare dal mezzo chilo fino ai 2kg.
Non esagerare con i carboidrati la sera precedente alla gara, rischierebbe solo di compromettere la digestione e farci sentire gonfi, se si è svolto un carico di carboidrati corretto ci basterà assumere un quantitativo di carboidrati consono a quanto assunto le sere precedenti.

sabato 13 ottobre 2018

DIGIUNO INTERMITTENTE PER IL RUNNER

Negli ultimi anni nel mondo delle diete ha preso piede una strategia alimentare denominata digiuno intermittente, la quale, al dire di tanti, porterebbe vantaggi sul miglioramento della salute, ma è realmente cosi’? e può essere applicata anche alla vita di uno sportivo per migliorarne le prestazioni?
In questo articolo andremo a scoprire questa dieta e come applicarla.


CHE COS'È?

Il digiuno intermittente, come dice la parola stessa, consiste nell'alternare una fase di digiuno ad una fase di “iperalimentazione”.
Infatti il digiuno intermittente comprende molte strategie alimentari come il ramadan, la 20/4 che comprende 20 ore di digiuno e 4 ore di alimentazione.

Quella che andremo ad analizzare oggi è una delle più diffuse ovvero la 16/8, che consiste in 16 ore di digiuno e 8 di “iperalimentazione”. Ad un primo impatto possono sembrare tante 16 ore di digiuno, ma molte persone la svolgono già inconsapevolmente saltando la colazione. Infatti molto spesso viene usata saltando la colazione e assumendo le calorie giornaliere in due pasti pranzo e cena ed eventuali spuntini nel mezzo. Questa strategia permette molta flessibilità perché consente di scegliere in che momento della giornata inserire le 8 ore di alimentazione e quindi decidere quale pasto saltare. Infatti molto spesso viene utilizzata con successo da persone che per orari lavorativi faticano a trovare il tempo per fare più pasti nel corso della giornata.


QUALI SONO I VANTAGGI DI QUESTA STRATEGIA ALIMENTARE ?

  • Aiuta il dimagrimento perché questa strategia per alcune persone rende più sostenibile un deficit calorico, infatti per esempio, se abbiamo impostato di assumere 1800kcal al giorno al fine di perdere peso, queste calorie non saranno più suddivise in 3/5 pasti, ma solo in due, così che la persona “patisca” meno il deficit calorico per via della quantità maggiore di cibo assunta per pasto, perché alla fine il segreto per dimagrire è seguire una dieta che ci permetta di impostare un deficit calorico che sia mantenibile nel tempo senza troppe rinunce, e molte persone si trovano bene con questa strategia.

  • Migliora la flessibilità metabolica, ovvero aumenta la capacità del corpo di utilizzare i grassi come fonte energetica. Per esempio le persone che quando non mangia per 2/3 ore si sentono spossate, probabile hanno una scarsa flessibilità metabolica e per migliorare questo aspetto il digiuno intermittente può essere d’aiuto.

  • Potrebbe portare dei benefici sulla salute, ormai da diversi anni si stanno studiando gli effetti del digiuno/restrizione calorica sulla salute, ma non sono ancora emersi dati certi dagli studi.

QUANTE VOLTE A SETTIMANA SVOLGERLO ?

Questo approccio viene sconsigliato di eseguirlo tutti i giorni, diciamo che 3/4 volte a settimana vanno più che bene.

COME GESTIRLO CON L’ALLENAMENTO?

Se si vogliono sfruttare appieno i suoi vantaggi per migliorare l’utilizzo dei grassi come fonte energetica, si può svolgere nei giorni di corsa facile, per esempio andando a correre a digiuno la mattina o in pausa pranzo e poi fare pranzo nelle ore successivamente, saltando cosi' la colazione.

Oppure, per potenziare tale effetto, si potrebbe svolgere il giorno successivo ad un allenamento intenso nel quale si pratica la sleep low strategy (se non sai cos'è ne ho parlato in uno scorso articolo), quindi svolgere un workout nel pomeriggio, la sera non assumere carboidrati e la mattina successiva svolgere un allenamento facile a digiuno e successivamente pranzare. Questo metodo allunga i tempi i cui il corpo si trova in uno stato di allarme dovuto alle basse scorte di glicogeno muscolare e potenzialmente potrebbe aumentare i benefici della sleep low strategy.

Oppure si può anche praticare nei giorni di workout ma svolgendo la seduta intensa fra i due pasti, per massimizzarne la performance.

CONSIGLI
Il primo pasto successivo al digiuno dovrebbe essere quello più abbondante dei due, dando maggiore focus ai carboidrati, per avere un miglior partizionamento dei nutrienti.

Un consiglio, dato anche nello scorso articolo, per minimizzare il catabolismo muscolare quando ci si allena a digiuno con la sleep low strategy o facendo un "lungo" a stomaco vuoto è quello di assumere delle proteine o degli EAA prima dell’allenamento svolgendo cosi' un “digiuno metabolico”.

Alcuni potranno dire che, se assumo proteine interrompo il digiuno e in parte hanno ragione, ma l’obiettivo di questa strategia e non far alzare eccessivamente l’insulina durante la fase di digiuno e al contrario di come molti pensano, i carboidrati non sono gli unici a fare elevare l’insulina ma anche le proteine possono farla aumentare perché alcuni aminoacidi sono insulinogenici. Ma se si assumono 10g di EAA (ovvero gli aminoacidi essenziali) non comprometteremo l’efficacia di questo protocollo, perché l'aumento di insulina sarà minimo visto le ridotte quantità che vengono assunte.

Per quali runner è adatto il digiuno intermittente?

Per tutti quei podisti che vogliono perdere qualche chilo in eccesso o che per lavoro faticano a fare più pasti al giorno.

Per quali runner non è adatto?

Per chi soffre di disturbi alimentari come binge eating, per quei podisti che macinano molti km e faticano ad assumere tutte le calorie necessarie in soli due pasti, chi si allena molto e si trova in un periodo di carico elevato.

sabato 6 ottobre 2018

I BCAA SONO INUTILI PER IL RUNNER?


Con questo articolo ritorno a parlare degli integratori per il podista.
In particolare dei BCAA ovvero gli amminoacidi a catena ramificata, ai quali molto spesso vengono attribuiti effetti miracolosi dai podisti, anche se nella maggior parte dei casi vengono utilizzati in situazioni in cui non portano nessun beneficio. Andrò a chiarire la questione mostrando quando sono utili e quando invece risultano uno spreco di soldi.


CHE COSA SONO ?

I BCAA sono degli amminoacidi (ovvero le parti che compongono una proteina) ramificati per via della loro struttura e sono Leucina, Isoleucina e Valina, fanno parte degli amminoacidi essenziali ovvero quella tipologia di amminoacidi che il nostro organismo non è in grado di sintetizzare da sé in quantità sufficiente, e che quindi deve assumere con l'alimentazione.
Al contrario delle proteine che devono essere scomposte nel fegato prima di arrivare ai muscoli, gli amminoacidi ramificati arrivano direttamente ai muscoli.


MIGLIORANO LA PERFORMANCE?

In uno studio si è analizzato l’effetto dei BCAA sulle prestazioni durante una maratona. Un gruppo assumeva una soluzione di BCAA e un'altro gruppo una sostanza placebo. Nel primo gruppo si è vista una diminuzione della fatica dopo la competizione ed un miglioramento della performance solamente nei runners più lenti,  ma non in quelli veloci. Questo studio lo cito perché è uno di quelli più famosi, ma tendo a specificare che non mi convince molto il modo in cui è stato eseguito visto che entrambi i gruppi assumevano carboidrati a loro discrezione oltre alla dose di BCAA o placebo.

Probabilmente il gruppo di runner più lenti ha riscontrato un beneficio perché, avendo una capacità minore rispetto ai podisti più allenati di immagazzinare glicogeno, utilizza i BCAA come fonte energetica che in alcune situazioni come questa vengono convertiti in glucosio tramite la glucogenesi (tranne la lisina).
Oppure perché il gruppo di runner più lenti ha sottovalutato il bisogno di carboidrati che necessitava (visto che la durata della competizione era maggiore rispetto ai podisti più veloci) e i BCAA sono andati a compensare tale mancanza, ma ciò non ci è dato saperlo.

Altri studi [2] [3] non riportano un miglioramento della prestazione e neanche una riduzione del danno muscolare, anche su distanze molto lunghe (100km di corsa) come dimostra l’ultimo studio.

Anche una supplementazione precedente alla gara non riporta benefici [4].

Altri studi dimostrano un aiuto a preservare il glicogeno muscolare durante sforzi prolungati (perché vengono utilizzati i BCAA stessi come fonte energetica) e una diminuzione della fatica post-workout ma questo non sempre è correlato a un miglioramento della performance.

In definitiva come capitato già con altri integratori, potrebbero essere efficaci in soggetti poco allenati, se assunti durante gare di diverse ore, ma inefficace in soggetti ben allenati.

POST WORKOUT

Molti podisti utilizzano gli amminoacidi dopo una seduta intensa con lo scopo di recuperare prima.

Questo nasce principalmente da una credenza che arriva dal mondo della palestra, perché diversi studi hanno dimostrato che uno dei 3 amminoacidi, ovvero la lisina, ha una forte componente anabolica, ovvero di “costruzione"/riparazione del muscolo e quindi si associano i BCAA ad un migliore e più rapido recupero.

Peccato che anche se un determinato amminoacido stimola la sintesi proteica, il nostro corpo per riparare il muscolo,  ha bisogno di tutti gli amminoacidi non solo 3, infatti piuttosto che assumere i “canonici” 5g di BCAA, che spesso vengono consigliati sulle etichette degli integratori, sarebbe meglio assumere un pool di amminoacidi completo, ovvero delle proteine a rapida assimilazione come le proteine in polvere isolate o idrolizzate con l’aggiunta dei carboidrati per migliorare il recupero.

Ma questo ha un senso?
Dipende, se a fine allenamento sono diverse ore che non assumete nutrienti, il pasto successivo non sarà cosi immediato e se volete recuperare in fretta perché vi trovate in un periodo di carico particolarmente provante oppure state svolgendo delle gare a tappe, può avere un senso assumere carboidrati + proteine post workout, per velocizzare il recupero.

Ma se farete un pasto abbondante con proteine e carboidrati 60’/2h dopo il workout e seguite un'alimentazione corretta, non avete bisogno di integratori per migliorare il recupero, soprattutto se siete runner amatoriali che si allenano 3-4 volte a settimana.

Infatti per ritornare alla questione degli amminoacidi ramificati si trovano in larga quantità nel cibo, per esempio, 160g di petto di pollo contengono 7g di BCAA.

Per concludere i BCAA post workout hanno un senso solo se la vostra dieta è povera di proteine o fortemente ipocalorica, allora in questo caso possono avere un senso (aiutando anche a prevenire i doms), ma il problema sta a monte, ovvero, un'alimentazione inadeguata all'attività fisica che svolgete, infatti per esempio un podista ha bisogno di un quantitativo di proteine doppio se non maggiore rispetto a un sedentario.

Come sentenzia il famoso sito examine.com riguardo ai BCAA:“… Supplementation is unnecessary for people with a sufficiently high protein intake (1-1.5g/kg a day or more)…”

MA QUINDI SONO SEMPRE INUTILI SE SEGUO UNA DIETA CORRETTA?

ALLENAMENTO A DIGIUNO

Come scrissi negli scorsi articoli ci sono degli allenamenti come ad esempio il lungo a digiuno o applicando la sleep low strategy, dove può avere senso assumere i BCAA o ancora meglio gli EAA (ovvero tutti gli amminoacidi essenziali), perché in uno stato di digiuno vengono utilizzati in parte come fonte energetica aiutando a preservare la massa muscolare.

Ma se si svolgono allenamenti a digiuno al di sotto dei 50’ con scorte relativamente piene dalla sera precedente non ha senso assumerli.

CONCLUSIONE

In conclusione se seguite una dieta non ipoproteica, ha senso assumerli solo se andiamo a svolgere allenamenti a digiuno appena svegli particolarmente lunghi o con scorte di glicogeno basse . Sottolineo “appena svegli” perché nel caso avessimo del tempo a disposizione prima di partire opterei per un digiuno metabolico, come scrissi negli scorsi articoli  ovvero fare uno spuntino contenente solo proteine ed eventualmente grassi, visto che ciò ha un influenza minima sui benefici che l’allenamento a digiuno porta.

Riguardo il fatto del miglioramento delle prestazione consiglierei di prestare più attenzione a quando e quanti carboidrati assumere in gara, piuttosto che spendere soldi in BCAA.

In ultima se avete provato i BCAA e vi sentivate più energici e di aver recuperato prima e meglio, ricordo sempre che l’effetto placebo è dimostrato dalla scienza, soprattutto quando viviamo in un mondo dove veniamo bombardati da pubblicità di mille integratori miracolosi e i presunti effetti benefici di una supplementazione di BCAA sono ormai radicati nella cultura sportiva da troppi anni.

sabato 29 settembre 2018

CORRERE A DIGIUNO: UTILE NON SOLO PER I MARATONETI


Nello scorso articolo ho parlato dei vantaggi di allenarsi prima di fare colazione (https://runningtraining-blog.blogspot.com/2018/09/correre-prima-di-fare-colazione-e.html) e dopo una lunga analisi si era arrivati alla conclusione che poteva essere un metodo efficace per i podisti con un grado di allenamento medio/basso per insegnare al corpo ad ottimizzare l'utilizzo dei grassi come fonte energetica e poteva aumentare le scorte di glicogeno.


Ma per i podisti più avanzati svolgere una seduta di corsa lenta a digiuno rappresenta uno stress minimo per l’organismo con un conseguente beneficio quasi nullo, perché le scorte di glicogeno muscolare non sono depletate, se il giorno precedente non si sono svolte sedute particolarmente intense.
Una soluzione per aumentare lo stress verso l'organismo può essere quella di svolgere un allenamento intenso, ma il problema principale è che la performance ne risentirebbe. Quindi si può optare per un “lungo” , ma soprattutto i maratoneti nelle fasi conclusive della preparazione non potrebbero usarlo, perché durante i lunghi hanno bisogno di assumere ciò che assumerebbero in gara.
Un'altra strategia studiata negli ultimi anni sembrerebbe essere la soluzione più vantaggiosa tra le varie metodologie viste finora, ovvero la “sleep low strategy”, la quale mostrerebbe una correlazione diretta sul miglioramento delle prestazioni su podisti avanzati dediti anche a gare relativamente brevi come i 10km .


SLEEP LOW

Questo metodo di allenamento consiste in una periodizzazione dei carboidrati nella dieta, che non significa una low carb o addirittura una chetogenica, ma vuol dire spostare il timing dei nutrienti, cosi’ che la quantità di carboidrati assunti nelle 24h rimanga invariata.
Questa strategia prevede di svolgere nel pomeriggio/sera un allenamento intenso che possa essere delle ripetute o un medio, in ogni caso deve essere una seduta impegnativa in grado di depletare gran parte delle scorte di glicogeno muscolare.
Durante la cena ovvero il primo pasto conseguente alla seduta, non bisogna assumere carboidrati, ma fare un pasto composto da soli grassi e proteine (quest'ultime molto importanti per non eccedere con il catabolismo), cosi’ da lasciare le scorte di glicogeno depletate.
E la mattina successiva svolgere a digiuno un allenamento ad intensità bassa per poi fare colazione normalmente.


STUDI

Uno degli studi più famosi ha testato questa metodologia su 21 triatleti di buon livello, dividendoli in due gruppi il primo ha seguito una dieta normale con un pasto post-workout ricco di carboidrati e l’altro gruppo ha seguito l’approccio “sleep low” come visto precedentemente. Dopo 3 settimane di allenamenti il gruppo “sleep low” ha riscontrato un miglioramento del 3% sui 10km di corsa (ovvero 1’) e un aumento dell'efficienza in bicicletta durante uno sforzo sub massimale, l'altro gruppo non ha avuto miglioramenti .

Un altro studio condotto su ciclisti di medio livello ha analizzato lo stesso protocollo, ma per solo una settimana ed ha riscontrato sempre un miglioramento del 3% sui 20km.



Gli studi che analizzano questa strategia sono stati condotti su atleti di medio/ buon livello al contrario della maggior parte di quelli svolti con il classico allenamento a digiuno, dove solitamente i soggetti presi in esame erano podisti occasionali. Altro vantaggio di questi studi è che viene riscontrano un miglioramento della performance su distanze della durata di 30/40', cosi' da rendere questa strategia efficace non solo per i maratoneti ed ultramaratoneti, ma anche per runner dediti a distanze più brevi.

COME METTERLO IN PRATICA


Quindi come mettere in pratica questa strategia se, per esempio, siamo soliti assumere in ogni pasto carboidrati proteine e grassi?

Dovremmo cercare di ridurre al minimo i grassi durante i pasti pre-workout e diminuire anche leggermente le proteine (se si è soliti tenere un quantitativo costante durante i vari pasti della giornata), perché durante il pasto post-workout per non assumere carboidrati, si assumeranno cibi "grassi" che di norma contengono un alto quantitativo proteico (come pesce e frutta secca).

PASTI PRE-WORKOUT

LA COLAZIONE

Di norma la colazione “all'italiana”, che solitamente è composta da latte spesso parzialmente scremato o yogurt anch'esso privo di grassi, la classica marmellata, fette biscottate e cereali, che contengono già un quantitativo basso di grassi. Se si è soliti invece consumare una colazione un po’ più ricca stile paesi anglofoni, sarebbe meglio, per questa volta, evitare e fare una colazione più rivolta verso i carboidrati.

PRANZO


Durante il pranzo invece un consiglio potrebbe essere quello di eliminare l’olio come condimento sulla pasta/riso e sostituirlo con del sugo (il quale di norma non dovrebbe avere grassi) e non assumere cibi industriali come biscotti o merendine, spesso ricche di grassi, stessa cosa durante gli eventuali spuntini.

PASTO POST-WORKOUT: CENA

Per la cena concentreremo la maggior quantità di grassi della giornata, cercando di non eccedere con cibi ricchi di grassi saturi. Ad esempio potremmo assumere del pesce “grasso”, come può essere il salmone ricco di omega 3, olio d’oliva, frutta secca, cioccolato fondente e delle verdure che non siano troppo “zuccherine”.

MATTINA

La mattina successiva prima di svolgere la corsa facile, consiglierei di seguire un “digiuno metabolico” ovvero fare un mini spuntino che non contenga carboidrati, ma sia ricco di proteine. Si può assumere 20/25g di proteine da cibi proteici, se l’allenamento non viene svolto appena alzati, cosi da avere il tempo di digerirli. Se invece si esce a correre appena svegli si può optare per 20/25g di proteine in polvere idrolizzate/isolate 30' prima dell'allenamento, per poi a fine seduta fare una colazione ricca di carboidrati per riempire le scorte di glicogeno

QUANDO SVOLGERE QUESTO ALLENAMENTO

Negli studi analizzati si svolgevano 3 sedute di ripetute a settimana con questa metodologia, a mio parere sembra eccessivo, visto che lo stress dell’organismo è notevole ed i tempi di recupero dopo il workout si dilungano, in quanto il corpo rimane per maggiore tempo in uno stato di “allarme” ovvero con scorte di glicogeno basse.

Per chi volesse provare questa strategia consiglierei di usarla al massimo 1-2 volte a settimana, per non stressare troppo il fisico. E prima di affrontare il workout successivo all'allenamento di qualità (dove non vengono assunti carboidrati nelle ore successive) , bisogna aumentare i tempi di recupero fino a 60-72h, ovvero lasciare almeno due giorni di corsa facile tra il workout dove viene praticata la sleep low strategy e l’allenamento di qualità successivo.

IN CHE PERIODO INSERIRLA?


Durante il periodo generale escluderei di svolgere questo tipo di seduta, ma dovrebbe essere utilizzata con parsimonia nel periodo pre-agonistico e agonistico, cercando di dosare bene il recupero perché potrebbe compromettere il workout successivo.

Il secondo studio che avevo citato, nel quale si svolge in una settimana un giorno si e uno no, un allenamento di qualità, si suggerisce di inserire questa metodologia nella settimana finale della preparazione prima della settimana di scarico.

Personalmente non vedo questa strategia come ottimale perché nell'ultima settimana di preparazione andare a svolgere un workout ogni 48h con l’aggiunta di questa strategia diventa pericoloso, con il rischio di non riuscire a svolgere le sedute più specifiche con i ritmi prestabiliti e con l'aumento del rischio infortuni, causa il mancato recupero.

Infatti dopo un allenamento molto voluminoso ed intenso, come quelli che si svolgono nel periodo finale in preparazione di mezze maratone/maratone, il corpo è molto provato, e nel caso si volesse utilizzare questa strategia, dopo questi allenamenti il recupero necessario potrebbe arrivare addirittura a 96 ore.

IN CONCLUSIONE

Questo a mio parere è un’ottima strategia che al contrario dell’allenamento classico a digiuno, può portare benefici anche per i runner di medio/alto livello che preparano gare dai 10km alle ultramaratone, a patto che si programmi nel giusto momento e si sappiano dosare i recuperi.

Sconsiglierei questa strategia ai principianti perché il loro corpo non è ancora in grado di sopportare uno stress cosi elevato, rischiando inutilmente di infortunarsi.