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lunedì 26 novembre 2018

QUAL È IL TERRENO MIGLIORE DOVE CORRERE?


Molto spesso si sente dire che la corsa su asfalto è la più traumatica e sarebbe meglio correre su terreni più morbidi per avere meno stress sui tendini e articolazioni, ma un terreno morbido è sempre migliore di uno più "duro"? Quanto si perde in termini di performance su terreni più morbidi? Qual'è il miglior terreno dove correre come rapporto performance-salute articolare? Scopriamolo


DIFFERENZE TRA I VARI TIPI DI TERRENO

Un elemento molto importante riguardo la tecnica di corsa è la capacità dei muscoli/tendini di sfruttare la loro forza di tipo elastico e reattivo, chiamata stiffness.

Questa componente è molto influenzata dalla tecnica dell’atleta, ma ci sono anche fattori esterni che hanno una notevole influenza come il tipo di scarpa oppure il terreno.

Correre su strada consentirà di avere una stiffness maggiore ovvero il dispendio energetico sarà minore rispetto a correre su un prato allo stesso ritmo.

Ma aumentando la “durezza” del terreno aumenteremo anche le forze di impatto, con conseguente maggior rischio di infortunarsi, ma anche terreni troppo morbidi possono contribuire all'aumento del rischio infortuni.


TIPI DI TERRENO:

ASFALTO

Questo è il terreno di allenamento preferito dalla maggior parte di runner, poiché è la maggioranza delle strade che si trovano in Europa.
  • Pro: terreno molto prestativo, quindi ottimo per allenamenti qualitativi e gare, per consentire la massima prestazione.
  • Contro: terreno non ideale per fare tutti i tipi di allenamento, soprattutto se si fanno tanti km a settimana. Essendo il terreno sempre lineare ogni passo sarà molto simile al precedente cosi’ da accentuare eventuali scompensi nella tecnica di corsa del soggetto aumentando l’utilizzo di alcune strutture dell’apparato muscolo-scheletrico e incrementando cosi’ il rischio di infortunio. La linearità del percorso non allena le capacità propriocettive rendendo cosi alcune strutture come le caviglie più a rischio distorsioni quando si correrà su terreni sconnessi.
  • Quando correrci: per svolgere allenamenti qualitativi o in alcuni casi i lenti in mancanza di percorsi sterrati.

TAPIS ROULANT

Molto utilizzato dai runner iscritti in palestra, soprattutto durante giornate piovose e nei mesi invernali.
  • Pro: terreno più morbido dell’asfalto ma questo varia molto in base al tipo di macchinario.
  • Contro: come correre sull'asfalto non allena le qualità propriocettive e questo fattore è ancora più accentuato dalle variazioni di direzione inesistenti. Il fatto di eseguire ogni passo uguale al precedente può andare a creare degli affaticamenti di alcune parti del corpo, se la propria corsa non è ottimale, infatti correre sempre su asfalto o sul tapis roulant non aiuterà di certo a prevenire gli infortuni. La tecnica di corsa su tapis può variare leggermente rispetto alla corsa su strada, rimando ad un interessante articolo.
  • Quando correrci: quando le condizione fuori sono troppo avverse oppure in caso di mancanza di percorsi sterrati dove svolgere i lenti, l'importante è non abusarne.

PISTA DI ATLETICA

Le piste di atletica possono variare molto, per esempio piste più vecchie avranno una risposta elastica minore rispetto a piste più moderne, rendendole cosi' più simili come superficie alla strada. Ma anche le piste nuove possono essere diverse una dall'altra per esempio alcune piste sono più orientate verso la performance (quindi meno consigliate per correrci molti km con le chiodate per i mezzofondisti) altre invece più per l'allenamento avendo un coefficiente di assorbimento degli urti maggiore.
  • Pro: ottima per fare ripetute vista anche la precisione delle distanze. La performance in confronto a gare su strada può aumentare ancora per atleti di medio-alto livello su distanze brevi che usano (e sanno usare) le chiodate.
  • Contro: non ideale per fare ogni lavoro, soprattutto se si preparano gare dai 10km in su, perché correre sempre in un senso rischia di creare degli scompensi tra una gamba e l’altra. Fare tanti km in pista con le chiodate può portare affaticamento ai polpacci e aumenta il rischio di infortuni ai piedi, come l’infiammazione del tendine d'achille, che viene molto sovra-sollecitato con le chiodate (avendo drop praticamente zero).
  • Quando correrci: ottima per svolgere ripetute più meno brevi nel periodo pre-agonistico e agonistico, per chi vuole svolgere gare in pista.
  • Prestazione: /

STRADA BIANCA/TERRA BATTUTA

Tipica strada che si trova nelle nostre campagne, può variare molto come terreno.
  • Pro: impatto minore, poca perdita a livello di efficienza se la strada è pulita senza troppi sassolini. Non essendo un terreno completamente piatto, il piede ad ogni impatto appoggia in maniera differente, cosi’ da allenare le qualità propriocettive e rinforzare le caviglie.
  • Contro: molto spesso sono strade con solchi di trattori oppure con molte pietre, a volte anche molto sconnesse.
  • Quando correrci: ottime per fare i lunghi lenti, se sono in condizione buone possono essere una ottima soluzione anche per fare medi e ripetute, ricordo infatti che i keniani svolgono tutte le loro corse su terreni simili alle nostre strade bianche, pure le ripetute sotto i 2’30”/km. Quindi se abbiamo a disposizione un buon percorso si può sfruttarlo per diminuire l’impatto con il terreno, e la performance ne risentirà poco.
  • Prestazione: + 2/5” /km (dipende molto dalla qualità del terreno).

TRAIL/SENTIERO

Per certi versi simili alle strade bianche, ma il classico sentiero ha una  carreggiata più stretta e il terreno è più sconnesso.

  • Pro: stessi delle strade bianche, ma in questo caso il lavoro propriocettivo aumenta notevolmente, l’impatto con il terreno è ancora minore visto che di norma il terreno è più morbido.


  • Contro: maggior rischio di prendere storte, oppure di inciamparsi, non adatto per fare lavori.


  • Quando correrci: ottimi per fare i lunghi lenti, collinari, ma non adatti per lavori veloci.


PRATO

Purtroppo in italia non disponiamo delle piste che spesso vediamo in America o in Sud Africa (come in foto), oppure di campi da golf dove correre come in diverse campestre negli USA. Ma una buona alternativa sono i campi da calcio soprattutto se il campo è sintetico.

  • Pro: ottimo per fare lavori di ripetute riducendo gli impatti.


  • Contro: difficili da trovare.


  • Quando correrci: ottimi da utilizzare durante le prime fasi della preparazione pre pista per svolgere ripetute sia per sprinter che per fondisti. Infatti molto spesso si vedono sprinter giamaicani o dei college Americani allenarsi sui prati all'interno della pista fino all'inizio della stagione agonistica.


  • Perdita in termini di prestazione: + 4/6” /km


TERRENO DA CAMPESTRE

Questo terreno può variare notevolmente da gara a gara, può essere un prato più o meno scorrevole, con alcuni tratti anche in terra battuta.


  • Pro: ottimo terreno per preparare le campestri ma anche per altre distanze cosi’ da svolgere un potenziamento più specifico dei classici esercizi. Allena molto la resistenza muscolare andando ad attivare maggiormente alcuni muscoli e allena le qualità coordinative e propriocettive grazie al terreno sconnesso e ai continui cambi di direzione.


  • Contro: Rischio di sovraccaricare i tendini indossando le scarpe chiodate e maggior rischio di prendere storte soprattutto per gli amatori che decidono di correre con le scarpe da trail.


  • Quando correrci: durante la stagione invernale svolgendo ripetute più o meno lunghe. Nelle grandi città d’inverno l’erba dei prati è bassa e può diventare un’ottimo potenziamento specifico, non solo per chi prepara le campestri.


SABBIA

Molto spesso lungomare si vede qualcuno correre, può sembrare bello, ma può nascondere anche delle insidie.

  • Pro: allenamento propriocettivo massimo.


  • Contro: terreno molto soffice, rischia di aumentare notevolmente il rischio infortunio (sopratutto al tenine d'achille),  molto spesso il terreno lungo mare è inclinato verso il mare, altro elemento non ideale per correrci a lungo.


  • Quando correrci: più che correrci può essere usato per svolgere alcune andature per rinforzare piedi e caviglie (ovviamente scalzi), oppure svolgere degli allunghi scalzi come sorta di potenziamento. Sconsiglierei di svolgere corse prolungate soprattutto con le scarpe.


NEVE


D’inverno non è solito trovare strade imbiancate dove correre sulla soffice neve.

  • Pro: impatto minimo, ma dipende molto dalla consistenza della neve, buon lavoro propriocettivo.


  • Contro: rischio molto elevato di cadere se si mette per sbaglio il piede su una lastra di ghiaccio coperta dalla neve e corsa non ottimale causa scivolamento se non si indossano scarpe da trial adatte. 
  • Quando correrci: In generale se si può farne a meno sconsiglierei di correrci sopra dato che comporta molti rischi e quasi nessun beneficio.



CONCLUSIONI

In definitiva i terreni migliore sono le strada sterrate scorrevoli e prati ben curati , ma difficilmente si potrà correre sempre nello stesso percorso, quindi in definitiva per ridurre al minimo gli infortuni direi che la scelta migliore è variare il più possibile i terreni di allenamento, cercando di evitare il più possibile di correre  troppo sovente su strade asfaltate, sopratutto se si macinano molti km.

domenica 18 novembre 2018

VITAMINA D: UN INTEGRATORE IMPORTANTE PER IL RUNNER

Per la serie integratori utili per il runner, oggi andremo a scoprire la vitamina D ovvero una delle vitamine di cui la maggior parte delle persone  ha carenza, soprattutto nei mesi invernali.
Ma cosa comporta una carenza di questa vitamina ? E' utile un’integrazione per il podista?
Scopriamolo in questo articolo


CHE COS’É LA VITAMINA D ?

La vitamina D è molto importante nel nostro organismo perché serve per preservare la salute ossea, andando a regolare il metabolismo del calcio e a supportare il sistema immunitario.

Infatti una sua carenza è un fattore di rischio per molte malattie come osteoporosi, Alzheimer, ecc. ma alche per alcuni infortuni come le fratture da stress. La vitamina D ha anche dimostrato di svolgere un’attività potenzialmente in grado di prevenire o rallentare lo sviluppo del cancro.

Quindi risulta una vitamina molto importante nel nostro organismo.

FABBISOGNO DI VITAMINA D

Per sapere se si ha una carenza di vitamina D basta fare un esame del sangue, i valori sono questi sotto riportati:


DOVE SI TROVA ?



Un terzo del fabbisogno giornaliero di vitamina D proviene dall'alimentazione.

I cibi in cui se ne trova di più (oltre a quelli che ne sono arricchiti a livello industriale, come molti cereali o alcuni tipi di latte vegetale) sono i pesci grassi (come salmone, sgombro e aringa), il tuorlo d'uovo, il fegato ed i latticini.

Ma la maggior parte della vitamina D si forma nella pelle grazie ai raggi solari.

Il problema principale viene dal fatto che la produzione di vitamina D cambia molto in base all'intensità dei raggi solari, quindi in paesi vicini all'equatore i raggi solari saranno più “potenti” e quindi con un adeguato tempo di esposizione al sole, difficilmente avremo una carenza di vitamina D. 
Ma alle nostre latitudini, soprattutto nei mesi più freddi, molte persone soffrono di una carenza di vitamina D per il fatto che l’intensità dei raggi solari è minore, che riduciamo il tempo di esposizione all’aria aperta e rimaniamo più coperti, riducendo cosi’ la superficie della pelle a contatto con i raggi solari.


Inoltre il sole che più attiva la vitamina D è quello tra le 12.00 e le 15.00 durante i mesi tra maggio e settembre, ovvero quell'orario in cui viene sconsigliato di stare troppo al sole, per di più le abitudine sono cambiate e si passa sempre più tempo in casa o in ufficio e ciò rischia di portare una carenza di vitamina D non solo in inverno.

Uno studio del 2009 dimostrò come il 65% dei soggetti sani ha una carenza di vitamina D, particolarmente a rischio sono anche quelle persone con una carnagione scura.

QUINDI UN’INTEGRAZIONE IN MOLTI CASI PUÒ' ESSERE UN OTTIMO SCELTA NON SOLO PER LO SPORTIVO


PERCHÉ' UNO SPORTIVO DOVREBBE INTEGRARE LA VITAMINA D ?

Un’integrazione di tale vitamina può giocare un ruolo molto importante per la prevenzione di alcune malattie cardiovascolari, alcuni tipi di cancro e altre malattie.

In più soprattutto per gli sportivi e le persone anziane è un'ottimo aiuto per prevenire alcuni infortuni come le fratture da stress.

Infine aggiungo che un deficit di tale vitamina può ridurre notevolmente le prestazioni.

QUANTA ASSUMERNE ?

Un buona dose come integrazione, nei mesi invernali, ma anche nei mesi estivi se si sta poco tempo all’aria aperta e se si mangiano pochi pesci “grassi”, è di 2000IU(50ug), ovvero un range  tra i 20-80IU/kg di peso al giorno.

La migliore forma è la D3 ovvero quella maggiormente assorbibile dall’organismo, un’altra forma molto comune contenuta soprattutto nel latte vegetale o nei cereali è la D2 che è meno biodisponibile da parte dell’organismo.

L’ideale è assumerla durante il pasto, meglio se un pasto non privo di grassi, visto che ne aiutano l’assorbimento.

Molto spesso vengono consigliati degli “shoot” di vitamina D da 25000/50000 IU da assumere una volta al mese, visto che questa vitamina al contrario di molte altre viene immagazzinata dall'organismo. Questo tipo di integrazione può essere molto comodo e utile per persone che non praticano attività fisica agonistica, mentre per persone che si allenano molto consiglierei una dose come sopra riportata (ovvero intorno alle 2000IU), cosi’ da avere un netto di vitamine mensili maggiori rispetto ad uno shoot da 2500/50000IU.

La ricerca suggerisce che un limite sicuro è una dose giornaliera (in cronico) minore di 10.000 UI.

CONCLUSIONE

La vitamina D risulta uno degli integratori più economici sul mercato ma allo stesso tempo più utili a scopo preventivo non solo per lo sportivo.

martedì 13 novembre 2018

ABBIGLIAMENTO A COMPRESSIONE: È REALMENTE UTILE PER IL RUNNER ?


Negli ultimi anni sta aumentando esponenzialmente il numero di podisti che indossano abbigliamento a compressione.
Ormai sono diventati un classico di molti  amatori indossare le “polpaccere”, ma perché vengono indossate, migliorano le prestazioni ? aiutano il recupero ? o sono inutili ? scopriamolo in questo articolo.


ABBIGLIAMENTO A COMPRESSIONE

Il concetto che sta alla base di questi indumenti, è quello che indossati andrebbero a “comprimere” con forza differente il muscolo, cosi’ da consentire un maggior afflusso di sangue, che porterebbe ad un migliore smaltimento dei metaboliti di scarto, come per esempio l'acido lattico.

MIGLIORAMENTO DELLE PRESTAZIONI

Molti studi [1,2,3,4] hanno dimostrato che non migliorano le prestazioni, sia su distanze brevi che su gare più lunghe come la maratona.
Quindi, se quando le avete indossate avete  fatto il vostro PB e siete convinti che vi diano quel qualcosa in più, molto probabilmente è un effetto placebo, per cui se in una gara ve le siete dimenticate a casa, non disperatevi non saranno di certo quelle a impedirvi di fare il personale.

RECUPERO

Alcuni studi [5,6,7,8] hanno riscontrato un lieve miglioramento delle sensazioni dopo un sforzo intenso, ma anche in questo caso si ipotizza che l’effetto placebo giochi un ruolo importante.

CRAMPI

Alcune persone, soprattutto chi dispone di masse muscolari un po’ sviluppate e soffre soprattutto negli arti inferiori di crampi come ai polpacci, hanno notato una diminuzione dei crampi usando le calze a compressione, probabilmente dovuto al fatto che queste calze danno più sostegno a chi dispone di masse muscolari più sviluppate.

CONCLUSIONE

L’abbigliamento a comprensione non porta vantaggi cosi' significativi per cui valga la pena comprarli,  però grazie alla pubblicità molto spinta di  marche che vendono questo tipo di abbigliamento promettendo vantaggi quasi miracolosi, hanno portato il podista a credere in questi effetti e quindi provare l’effetto placebo, anche se realmente non danno un vantaggio cosi’ marcato né sulla prestazione e probabilmente neanche sul recupero.

Forse solo le persone con muscolature un po’ sviluppate oppure per chi soffre spesso di contratture ai polpacci ha senso acquistare questi prodotti.

sabato 3 novembre 2018

ANTIOSSIDANTI: POSSONO RIDURRE LA PERFORMANCE PER IL RUNNER?

Molto spesso si sente parlare dell’importanza di avere una dieta ricca di antiossidanti (come per esempio la vitamina C,E), soprattutto per quelle persone che svolgono allenamenti di endurance, ma è sempre conveniente assumere antiossidanti oppure potrebbe ridurre la performance ?


COSA SONO GLI ANTIOSSIDANTI ?

Il nostro corpo produce dei prodotti di “scarto”  chiamati radicali liberi che si formano naturalmente all'interno delle cellule del corpo, quando l’ossigeno viene utilizzato per produrre energia (ossidazione), quindi durante ogni gesto quotidiano, come dormire, stare seduti, ecc. produciamo radicali liberi, perché utilizziamo l’ossigeno per produrre energia. Quando facciamo attività fisica il nostro corpo richiede più ossigeno e quindi aumenterà di conseguenza la produzione di radicali liberi.

La quantità di radicali liberi prodotti durante uno sforzo è direttamente proporzionale alla durata e all'intensità dell'esercizio ed inversamente proporzionale al grado di allenamento di chi lo pratica.


Molto spesso si sente parlare dell’effetto benefico degli antiossidanti ovvero delle sostanze contenute in alcuni alimenti (soprattutto frutta e verdura) in grado di contrastare la produzione di radicali liberi.

Infatti se abbiamo un elevato livello di radicali liberi ed il nostro corpo non è in grado di contrastarli porta ad uno stress ossidativo dannoso per l'organismo, quindi se l’attività fisica aumenta la produzione di radicali liberi, sarebbe meglio non praticare attività fisica ?

Assolutamente no, perché l’attività sportiva porta alla produzione di una maggiore quantità di radicali liberi, ma migliora anche i meccanismi di smaltimento, quindi una persona che pratica regolarmente attività fisica, a riposo avrà una quantità inferiore di radicali liberi rispetto ad una persona sedentaria. Ciò significa che la funzione antiossidante nel corpo degli sportivi è molto più accentuata che nei sedentari.

Può comunque succedere che, per il scarso grado di preparazione fisica o per l'eccessiva intensità, durata o frequenza di allenamento, la produzione di radicali liberi finisca col superare le capacità di difesa dell'organismo e quindi molto spesso vengono consigliate diete con cibi contenenti molti antiossidanti oppure integratori alimentari.

Quindi, assumere molti antiossidanti, aiuta anche la prestazione o può addirittura peggiorarla ?

STUDI

Negli ultimi anni sono stati condotti diversi studi sull'integrazione di vitamina C ed E [1] (due antiossidanti) ad alti dosaggi e non sono stati riscontrati né miglioramenti delle performance [2], né una riduzione dei DOOMS [3] , ma al contrario hanno trovato che alte dosi assunte cronicamente vanno a diminuire alcuni adattamenti che l'allenamento di endurance porta, andando a ostacolare la genesi dei mitocondri [4], ovvero gli organuli che producono energia ed aumentano con il progredire dell’allenamento.

Infatti alte dosi di vitamina C ed E sembrerebbero interferire con i processi di recupero e quindi compromettere una parte dei processi di supercompensazione, molto importanti per migliorare la propria condizione fisica.



QUINDI BISOGNEREBBE EVITARE I CIBI RICCHI DI ANTIOSSIDANTI ?

Assolutamente NO, gli studi sono stati condotti assumendo una supplementazione di vitamina C (1g) ed E (235mg) ovvero quote veramente molto difficili da raggiungere nella propria dieta, anche se si mangiano molti cibi ricchi di vitamina C, per fare un esempio, per arrivare ad assumere 1g di vitamina C bisognerebbe mangiare qualcosa come 13 kiwi (il kiwi è uno degli alimenti più ricchi di vitamina C).



CONCLUSIONI

Quindi cosa portarsi a casa da questo articolo?

Che non bisogna assolutamente evitare i cibi che contengono un’alta quota di antiossidanti, ma che un’integrazione di vitamina C o E non sempre giova sulla prestazione. Quindi va bene assumere un integratore di vitamina C ad alte dosi nei periodi dove si hanno i classici malanni di stagione (visto che molti studi hanno dimostrato essere un integratore utile in questi casi), purché l’integrazione di queste vitamine ad alte dosi non diventi un’abitudine (se si assume un multivitaminico controllare che le due vitamine non siano in dosi troppo elevate) e non si assumano a ridosso dell’allenamento, se il proprio obiettivo è la massima prestazione.