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sabato 17 ottobre 2020

Appoggio del Piede: Atterrare di Avampiede è meglio che "tallonare"?


Un aspetto riguardo la biomeccanica di corsa che crea sempre molti dibattiti è l'appoggio del piede. Negli scorsi anni i sostenitori del minimalismo sono cresciuti notevolmente, queste persone sono fermamente convinte che l'appoggio "naturale" debba avvenire di avampiede, e che appoggiando di tallone si aumenti notevolmente il rischio infortuni e si diminuisca la performance.

Ma è realmente così? Esiste un appoggio migliore di un altro? Scopriamolo in questo articolo!



TIPI DI APPOGGIO

Partiamo dalle basi, per "appoggio del piede", si intende la prima porzione del piede che tocca il terreno alla fine della fase di volo.

L'appoggio del piede a terra può avvenire di tallone (heel o rearfoot strike), di meso-piede (midfoot strike) o di avampiede (forefoot strike).

Secondo un sondaggio di Runner's World su oltre 160000 runners di ogni livello il 40% appoggia prima con il tallone, il 43% con il mesopiede, mentre il 17% con l'avampiede. Ma in realtà, quando vennero analizzate queste persone mentre correvano, si notò come il 94% appoggiava di tallone mentre solo il 4% appoggiava di mesopiede e il 2% di avampiede.
Questo ci fa subito capire come la maggior parte dei runner appoggi di tallone, ma non ne sia consapevole, questo avviene principalmente perchè nella maggior parte dei casi l'appoggio di tallone è veramente poco evidente, anche a occhio nudo, rispetto a come ci viene illustrato nelle foto che condannano l'appoggio di tallone, dove l'angolo tra il piede e il terreno è molto aperto.

I PROFESSIONISTI APPOGGIANO TUTTI DI AVAMPIEDE?

Un altra tesi di chi sostiene che la corsa "naturale" sia di avampiede, è quella che gli elite, soprattutto i corridori degli altopiani, corrano tutti appoggiando prima l'avampiede.

Nell'ambiente non è insolito sentire usare la parola "tallonatore" in termine scherzoso-dispregiativo, rivolta ai classici amatori che corrono molto piano e appoggiano marcatamente di tallone, questo avviene perchè molti credono che gli elite e soprattutto i corridori degli altopiani, con la loro corsa veloce e molto elegante, appoggino solo di avampiede, ma le cose non stanno proprio così...

Questo studio ha analizzato la corsa di 283 podisti elite al 15esimo chilometro durante una mezza maratona.
I podisti che hanno appoggiato prima il tallone sono stati il 74.9%, quelli che hanno appoggiato di mesopiede sono stati il 23.7%, mentre quelli che hanno toccato prima il terreno con l’avampiede sono stati 1.4%. Inoltre si è notato come la percentuale di "tallonatori" aumentasse con il diminuire della velocità, mentre quelli che appoggiavano di mesopiede aumentavano con l’incrementare della velocità, comunque la percentuale è sempre in favore dei “tallonatori”, visto che nella top 50 (persone che corrono una mezza sotto i 3’04”/km) le percentuali erano così ripartite 62%, 36%, e 2%.

Un altro studio* ha analizzato l'appoggio durante un 800m di alto livello (da 1'47" a 2'01" ovvero 2'14"/km a 2'31"/km) le percentuali erano così ripartite: heel strike 17%, mid-foot strike 48%, forefoot strike 35%.

Durante un secondo studio* è stato analizzato l'appoggio durante un 1500m in Inghilterra, dove gli atleti esaminati hanno corso tra 3'45" e i 4'22" (ovvero tra i 2'30"/km e i 2'55"/km).
Questo studio è molto interessante perchè ha analizzato la tecnica di corsa su più giri. Durante la fine del primo giro il 34,6% aveva appoggiato di avampiede, il 46,2% di mesopiede, mentre il 19,2% di tallone. Durante l'ultimo giro la situazione era cambiata notevolmente, infatti molti sono passati da avere un appoggio di mesopiede durante il primo giro ad avere un appoggio di tallone durante l'ultimo giro, i "tallonatori" infatti sono aumentati dal 19,2% al 27%!
*Gli studi sono stati citati da Steve Magness nel suo libro "The Science of Running"

Un risultato simili è stato trovato anche in questo studio, dove è stata analizzata la corsa di un gruppo di atleti durante una maratona al 10ecimo chilometro e al 32esimo, i risultati mostrano come molti podisti sono passati da correre di mesopiede a correre appoggiando prima il tallone.

Per questo motivo si può ipotizzare che la velocità e il livello di fatica giochino un ruolo molto importante sulla modalità di appoggio del piede.

A questo punto sorge spontaneo chiedersi...

PERCHÉ I PODISTI CAMBIANO APPOGGIO CON L'AUMENTARE DELLA FATICA?

A questa domanda ha cercato di dare una risposta il noto allenatore Steve Magness nel suo libro Science of Running il quale ipotizza diverse teorie.
  • La prima riguarda il fatto che la lunghezza del passo tende a diminuire con il crescere del livello di fatica e quindi inconsciamente gli atleti cercano di compensare questa mancanza, ma al posto di aumentare la spinta posteriormente, cercano di aumentare il passo anteriormente, questo porta ad un maggiore overstriding e un appoggio di tallone.
  • La seconda invece attribuisce questo cambio alla perdita di efficienza del sistema nervoso che diminuisce la capacità di controllo della tecnica di corsa con l'aumentare della fatica.
  • L'ultima teoria riguarda il fatto che il corpo, sottoposto ad alti livelli di fatica, cerca inconsciamente di farci diminuire la velocità e quindi ci porta a correre in maniera più "frenata" e meno in spinta, come una sorta di meccanismo protettivo per ridurre i livelli di stress.

Quello che emerge dagli studi fino ad ora è che l'appoggio del piede nelle gare di fondo è quasi prettamente di tallone anche negli elite (anche se in misura minore) e che invece nelle gare di mezzofondo breve la fetta maggiore di runner appoggia di mesopiede, anche se molti cambiano l'appoggio nel corso della gara, per cui si può dedurre come l'appoggio sia fortemente correlato:
  1. Dalla velocità (sia assoluta che relativa).
  2. Dalla distanza.
  3. Dalla fatica.

CORRERE DI AVAMPIEDE É PIÙ ECONOMICO RISPETTO A CORRERE DI TALLONE?

Alcuni sostengono come la corsa di avampiede sia migliore anche per i fondisti perchè utilizza appieno l'energia immagazzinata dal tendine d'achille e quindi porti a migliorare la performance rendendo la corsa più efficiente ed efficace. Migliorare l'economicità della corsa è un fattore fondamentale nella performance degli sport di endurance perchè vuol dire spendere meno energie a parità di ritmo, per cui vediamo cosa dice la letteratura al riguardo...

Il primo studio in questione ha analizzato, a diverse velocità (da 5'30"/km a 4'10"/km), la corsa di due gruppi di podisti, uno che correva abitualmente appoggiando prima il tallone mentre il secondo di avampiede. I ricercatori non hanno riscontrato differenze tra i due gruppi in termini di economicità di corsa.

Un altro studio ha analizzato la meccanica di corsa di due gruppi di atleti sub-elite, uno che appoggiava di tallone mentre l'altro di mesopiede, si è riscontrato una migliore efficienza di corsa per chi appoggiava di tallone a ritmi inferiori a 4'00"/km, mentre a ritmi superiori non sono state riscontrate differenze.


CORRERE DI AVAMPIEDE DIMINUISCE IL RISCHIO DI INFORTUNIO?

La tesi principale di chi sostiene che correre appoggiando prima l'avampiede sia la tecnica migliore riguarda il fatto che tale appoggio diminuisca il rischio di infortuni, ma è realmente così?

In questa review si sono analizzati diversi studi dove veniva imposto a un gruppo di runner che appoggiavano di tallone ad appoggiare di avampiede. I ricercatori concludono che non ci sia una correlazione diretta tra appoggio del piede-rischio infortuni.

Quindi per quanto riguarda il rischio infortuni è uguale tra appoggio di tallone e di avampiede? Non esattamente... ma per rispondere a questa domanda dobbiamo prima fare un analisi relativa alla biomeccanica.


DIFFERENZE DAL PUNTO DI VISTA BIOMECCANICO TRA LE VARIE TIPOLOGIE DI APPOGGIO

Una meta-analisi del 2015 ha analizzato diversi studi riguardo la differenza di biomeccanica di corsa tra appoggio di avampiede e di tallone, le differenze principali sono:

Nella corsa di avampiede risulta una maggiore flessione plantare e una maggior flessione del ginocchio, nel momento in cui l’arto prende contatto con il terreno, rispetto a quando si appoggia prima il tallone.

Invece per quelli che appoggiano di tallone si è riscontrato una maggiore dorsiflessione della caviglia e un ginocchio più esteso, sempre durante la fase di contatto con il suolo.

Inoltre correre di avampiede porta a correre in maniera più efficace, perché viene sfruttato il tendine d'achille come "una molla", per questo motivo gli sprinter corrono esclusivamente appoggiando prima l’avampiede. Questa percentuale va a diminuire con l’aumentare della distanza di gara come si può notare negli studi visti in precedenza. Si ipotizza che ciò avvenga perché la corsa di avampiede è si molto efficace, ma meno efficiente rispetto ad appoggiare di tallone o mesopiede, in più c’è da sottolineare il fatto che questa tipologia di appoggio riesce a sfruttare meglio l’energia immagazzinata dal tendine d'achille, ma alla lunga va ad affaticare in misura maggiore il tendine d'achille e il tricipite della sura. Al contrario questo tipo di appoggio porta ad utilizzare meno il tibiale anteriore essendoci una minor dorsiflessione della caviglia.

Un appoggio di tallone invece ha dimostrato un aumento dello stress a livello del ginocchio rispetto ad un appoggio di avampiede.



Inoltre riguardo la tecnica di corsa l'appoggio del piede non è neanche uno dei fattori con la maggiore correlazione relativa al rischio infortuni. 

Per esempio un fattore molto più correlato al rischio infortuni riguarda un overstriding eccessivo ovvero la distanza in cui si appoggia il piede rispetto al proprio baricentro, se si appoggia il piede troppo in avanti il rischio di infortuni aumenta notevolmente. Un overstriding eccessivo è tipico di chi appoggia marcatamente di tallone ma non sempre, può avvenire anche in chi appoggia di avampiede.

CONCLUSIONI


Sull'efficienza e dispendio energetico alcuni studi mostrano come la corsa con appoggio di tallone sia leggermente più vantaggiosa nelle lunghe distanze, questo porterebbe a preferire tale tecnica per chi pratica distanze come la maratona. C’è comunque da ricordare che l’efficienza di corsa è molto correlata ai chilometri percorsi e al livello di esperienza dell’atleta. Per cui per un atleta che corre da anni appoggiando in modo inconscio prima di avampiede non sarà molto conveniente cercare di cambiare appoggio, visto che rischierebbe l’esatto opposto dei risultati sperati.

Riguardo gli infortuni sembrerebbe come un appoggio di tallone porti più stress a livello dell’articolazione del ginocchio, mentre un appoggio di tallone porti a un incremento dello stress a livello del polpaccio e del tendine d’achille.

C’è da ricordare che l’appoggio del piede è solo una piccola parte della tecnica di corsa, e senza una correlazione diretta con il rischio di infortuni, è quindi anche inutile focalizzarsi troppo su questo aspetto, visto che molto spesso ci sono fattori antropometrici e genetici che ci portano a correre in una determinata maniera e andare a snaturare tale gesto potrebbe portare più problemi che benefici. 

Quindi quando si dovrebbe cercare di cambiare appoggio?

Dal mio punto di vista si dovrebbe lavorare su questo particolare principalmente in due casi:
  1. Quando si hanno continui infortuni e si individua la causa nell’appoggio. 
  2. Quando si tallona anche a velocità sub-massimali e l’obiettivo è quello di competere nel mezzofondo veloce.

domenica 19 luglio 2020

Allenarsi al Caldo Può Migliorare le Prestazioni di Endurance?

In estate uno dei problemi principali, per la maggior parte dei podisti amatori italiani è quello di doversi allenare con temperature molto calde, che come tutti sappiamo diminuiscono notevolmente le performance, rispetto a correre con temperature invernali. 
La maggior parte cerca di uscire nelle ore meno calde della giornata, ma non sempre si riesce a correre in questi orari. 
Quindi come fare? Non disperatevi perché possiamo sfruttare il caldo estivo a nostro vantaggio!



ADATTAMENTI AL CALDO

Allenarsi con temperature elevate porta il nostro corpo ad attuare diversi adattamenti fisiologici per adeguarsi a tali temperature come mostra questa review.
Gli adattamenti principali dal punto di vista cardiovascolare che avvengono dopo un periodo di esposizione a temperature elevate sono: un aumento del volume del plasma sanguigno, un aumento del contenuto di acqua corporea totale, un aumento del volume sistolico, una riduzione della frequenza cardiaca, una miglior regolazione della sudorazione, un miglioramento del riempimento ventricolare e dell'efficienza miocardica.
La maggior parte degli adattamenti avviene in pochi giorni dall'inizio dell’esposizione a temperature elevate, ma per avere tutti i benefici si dovrebbero superare le due settimane di esposizione, dicono i ricercatori. Inoltre la magnitudo di questi adattamenti è molto variabile e dipende dalla temperatura, dall'umidità e dal tempo di esposizione.


STUDI

Nel 2019 viene condotta una meta-analisi per fare chiarezza riguardo questo argomento, analizzando diversi studi a riguardo, che sono così composti: vengono divisi gli atleti in due gruppi il primo svolge un numero variabile di allenamenti con temperature elevate(la maggior parte tra le 4 e le 5 sedute, solo 3 di questi studi arrivavano a 10-14 gg), mentre il secondo gruppo svolge gli stessi allenamenti ma con temperature intorno ai 20 gradi (o inferiori), alla fine dello studio viene condotto un test massimale (da 10’ a 30’ di durata) e vengono fatte altre misurazioni, a seconda degli studi.

Si conclude che il gruppo che si allena al caldo nella maggioranza dei casi migliora la performance, diminuendo anche la frequenza cardiaca durante il test, rispetto al gruppo di controllo che ha svolto tutti gli allenamenti a temperature inferiori. 
Inoltre si nota un leggero miglioramento riguarda RPE, ma viene considerato troppo piccolo per essere statisticamente significativo.
I ricercatori suggeriscono che questa strategia migliori la tolleranza dell'atleta al disagio durante l'esposizione al calore, ma potrebbe non alterare i marcatori fisiologici associati alla prestazioni, visto che non sono stati riscontrati miglioramenti riguardanti il VO2max, la concentrazione di lattato e l’aumento del plasma sanguigno. Come visto precedentemente il plasma sanguigno è uno di quegli adattamenti che raggiunge il proprio picco pochi giorni dopo l’esposizione a tali temperature e molti di questi studi hanno eseguito le analisi diverso tempo dopo, inoltre è influenzato da diversi fattori come lo stato di idratazione.

Alcune limitazioni riguardo questa meta-analisi sta nel fatto che la maggior parte degli studi aveva un campione inferiore a 20 persone e la durata, il tempo di esposizione e la tipologia di allenamenti variava notevolmente tra un gruppo e l’altro. Inoltre alcuni parametri venivano considerati solo in pochistudi.


STUDI PIÙ RECENTI

Altri studi più recenti: uno del 2019 (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6842970/) e uno del 2020 (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32436633/) hanno attuato questo protocollo per una durata maggiore (5 settimane e 5 settimane e mezzo) con ciclisti allenati nel primo studio ed elitè nel secondo.
Nel primo studio un gruppo ha svolto 5 allenamenti a settimana di 1h al 60% del VO2max con una temperatura crescente nel corso delle settimane da 35°C a 40°C, nel secondo studio un gruppo ha svolto 5 e poi 4 allenamenti settimanali di 50’ al 45% della propria potenza a 4 mmol/l di lattato. 
La temperatura durante le prime settimane era di 37.5°C con il 66% di umidità, per poi passare a 38.5°C con il 64%, in entrambi gli studi il gruppo di controllo ha svolto gli stessi allenamenti ma con una temperatura di 15°C.

Al contrario degli studi precedenti, in quest'ultimi veniva analizzata anche la massa emoglobinica (Hbmass), la quale è aumentata in entrambi i gruppi sottoposti agli allenamenti al caldo, al contrario del gruppo di controllo che non ha subito miglioramenti di questo parametro. Migliorare tale valore ha una forte correlazione con il miglioramento della performance , visto che determina in gran parte la capacità di trasporto dell'ossigeno nel sangue.

Nel primo studio la massa emoglobinica è aumentata del 3%, invece non sono state riscontrate differenze significative riguardo il volume del plasma, il volume dei globuli rossi e il volume del sangue, rispetto al gruppo di controllo.

Nel secondo studio l’hbmass è aumentato del 4,6%, inoltre si è riscontrato un aumento della potenza espressa a parità di lattato (4 mmol∙L-1) e un leggero aumento della potenza espressa su un test di 15’ e dell'efficienza lorda (rapporto tra il lavoro svolto e l’energia spesa) in una situazione di fatica, rispetto al gruppo di controllo.

Studi più vecchi non riportarono nessun aumento riguardo l’Hbmass, i ricercatori ipotizzano che questo risultato sia dovuto al fatto che tali studi erano stati condotti su un periodo di tempo troppo breve (da 10 a 21 giorni) per provocare un aumento dell'eritropoiesi. Si ipotizza che l’aumento iniziale del volume del plasma giochi un ruolo fondamentale per il successivo aumento dell’emoglobina.
La differenza (3 vs 5% di miglioramento) si ipotizza possa derivare anche da un leggera disidratazione, infatti nel primo studio si poteva bere a libitum, mentre nel secondo era limitato a mezzo litro, inoltre le condizioni e il momento in cui vennero fatte le misurazioni era leggermente differenti

PARALLELISMI CON L'ALLENAMENTO IN QUOTA

Si è notato come la percentuale di incremento del Hbmass sia leggermente superiore rispetto a quella che avviene dopo un periodo prolungato in quota, anche se i meccanismi che portano ad aumentare tale valore sono differenti. Infatti durante la fase iniziale della quota il plasma sanguigno diminuisce, cosa opposta a quello che succede con l’esposizione a temperature elevate.

Come si può notare dagli ultimi studi la performance è migliorata svolgendo solo gli allenamenti leggeri a temperature elevate, ecco un altro parallelismo con l’allenamento in altura, dove una delle strategie più utilizzate al momento è quella del “Live High Train Low”, dove viene passata la maggior parte del tempo e svolti tutti gli allenamenti facili in altura, mentre gli allenamenti più intensi vengono svolti ad altitudini più basse, così da non intaccare la performance durante il lavori più importanti.


ALCUNE DOMANDE CHE EMERGONO

Alla luce di questi studi sembrerebbe abbastanza palese che questa metodologia possa portare dei benefici sul miglioramento della performance, però non c’è ancora un protocollo preciso sia come durata (minima e massima), sia come temperatura. Inoltre è anche difficile poter attuare un protocollo preciso, visto che il tempo è molto imprevedibile, soprattutto in alcune zone, in più sorgono alcune domande...

Qual è la durata minima per avere degli effetti?
Per quanto rimangono gli effetti positivi?
C’è un limite di temperatura dove i benefici sono minimi o nulli? Visto che in tutti gli studi le temperature erano veramente molto elevate.
Se la temperatura di esposizione rimane costante gli effetti saranno minori rispetto ad un aumento della temperatura durante il periodo di allenamento al caldo? 

Per queste domande attualmente non c'è ancora una risposta univoca, ma credo che questa metodologia abbia un'ottimo potenziale e possa prendere sempre più piede nel corso dei prossimi anni.
In ogni caso se volessi provare ad applicare tale metodologia i miei consigli sono...

CONSIGLI PRATICI

Dal mio punto di vista quella di sfruttare il caldo estivo potrebbe essere un ottimo modo per migliorare le performance nelle gare di Settembre/Ottobre.

Come visto precedentemente si potrebbe attuare una strategia simile a quella che viene applicata in altura con la Live High Train Low strategy, per sfruttare appieno i benefici dell’allenamento al caldo e non intaccare la performance durante i lavori più intensi. 
Si potrebbero dunque svolgere gli allenamenti di corsa lenta nei momenti più caldi della giornata e correre i lavori la mattina molto presto oppure la sera tardi, così da sfruttare le temperature inferiori.

Unica nota su cui fare molta attenzione riguarda il fatto che non tutti reagiamo allo stesso modo al caldo, per cui ci saranno soggetti che ci metteranno molto tempo ad acclimatarsi, mentre ad altri gli sarà quasi impossibile correre sopra un certo limite di temperatura, in questo caso non bisogna fare gli “eroi” ed evitare di correre con certe temperature.

Inoltre se la temperatura è aumentata repentinamente negli ultimi giorni oppure non si è ancora ben acclimatati, bisogna cercare di non uscire subito nelle ore più calde della giornata, ma tempo permettendo di aumentare la temperatura delle vostre corse per gradi e correre in un percorso che abbia la possibilità di fermarsi a bere, in caso di necessità (sopratutto durante le prime uscite con temperature elevate).

venerdì 22 maggio 2020

Come Migliorare la Soglia Anaerobica?

Nello scorso articolo ho parlato di cosa si intende per soglia anaerobica e quali sono i migliori modi per misurarla.
In questo articolo andrò ad analizzare quali sono gli allenamenti più adatti per innalzare questa soglia e per quali podisti è un fattore imprescindibile elevare la propria soglia anaerobica per migliorarsi in gara.

Come migliorare la soglia anaerobica?

La soglia anaerobica può essere migliorata principalmente in due modi: diretto e indiretto.

Allenare la soglia anaerobica in modo indiretto significa lavorare su velocità che stanno vicino a quella della soglia anaerobica.

Per esempio un principiante migliorerà la propria soglia anche solo svolgendo della corsa lenta, ma con il passare del tempo la corsa lenta non sarà più uno stimolo sufficiente e quindi dovrà inserire anche allenamenti a velocità del medio, così da creare una base aerobica prima di lavorare su ritmi più specifici.
Discorso simile vale anche per gli atleti avanzati che nella prima parte della stagione dedicheranno la maggior parte del tempo su lavori più lenti rispetto alla soglia anaerobica, in modo da migliorare la propria base aerobica e indirettamente anche lievemente la loro soglia.


Come si può notare nella tabella, più ci si allontana dal ritmo target (lactate threshold) e minore sarà lo stimolo per migliorare la soglia anaerobica, quindi sia lavori leggermente sopra la soglia che sotto migliorano la soglia anaerobica, anche se in maniera differente.
 
Infatti ad una prima occhiata alla tabella sembrerebbe che svolgere allenamenti nella zona endurance e nella zona VO2 abbiano la stessa magnitudo di miglioramento sulla soglia anaerobica, ma non è esattamente così...
Allenarsi a ritmi più lenti rispetto alla soglia anaerobica la migliorerà dal punto di vista estensivo, cioè incrementerà il tempo al quale si riesce a mantenere tale ritmo, al contrario fare allenamenti più veloci la migliorerà in modo intensivo, andando ad aumentare il "motore", cioè migliorando la velocità della soglia anaerobica. 
Un esempio per capire meglio il concetto riguarda i mezzofondisti veloci, questi atleti svolgono la maggior parte degli allenamenti specifici al di sotto della propria soglia anaerobica, per questo motivo riescono a sviluppare un buona velocità di soglia, ma come visto nello scorso articolo la durata alla quale si può mantenere tale intensità è molto variabile. 
Infatti se confrontiamo questi atleti con dei fondisti molto allenati, che hanno la loro stessa velocità di soglia anaerobica, noteremo che i secondi riusciranno a mantenere tale velocità per una durata molto prossima ad un'ora, al contrario i mezzofondisti riusciranno a mantenere tale velocità per un tempo molto inferiore, questo perchè non sono ottimizzati sul lato dell'endurance come i fondisti.

Allenare la soglia anaerobica in modo diretto dal mio punto di vista significa svolgere allenamenti al ritmo della soglia anaerobica.
Di seguito illustrerò le due principali macro-categorie di allenamenti da correre alla ritmo della soglia anaerobica:


CORTO VELOCE


Il corto veloce o tempo run è un tipo di allenamento molto utilizzato nei paesi anglofoni, un po’ meno in Italia.
Consiste nel correre in maniera continua per una durata compresa tra i 15’ e i 25’ al ritmo della propria soglia anaerobica.

È un tipo di allenamento molto utile per migliorare la soglia anaerobica, ma allo stesso tempo molto impegnativo. Questo tipo di seduta può essere proposto svolgendo un singolo intervallo e con il progredire delle settimane aumentarne il volume oppure affiancare questo intervallo a delle ripetute di distanza variabile, in base al focus della seduta.


RIPETUTE LUNGHE

Le ripetute lunghe al ritmo della soglia anaerobica o cruise intervals in inglese, vengono spesso usate per aumentare il volume corso a questa intensità e/o per diminuire l'intensità del lavoro per quegli atleti poco avvezzi a questo stimolo allenante (come i mezzofondisti veloci).

Tali sedute sono composte da diversi intervalli di durata compresa tra i 5’ e i 10’, con un recupero molto breve di solito 1/4 o 1/5 della durata dell’intervallo, per un volume totale compreso tra i 25’ fino a 35’/40’. Un volume totale sopra i 40’ viene usato principalmente da atleti avanzati che preparano gare come la maratona o la mezza maratona, ma in questo caso verso la fase più specifica della preparazione la durata degli intervalli andrebbe allungata e/o il recupero dovrebbe essere svolto di corsa ad un ritmo da lento-svelto, così da rendere l’allenamento più specifico.

Questa seduta è molto utilizzata anche dai mezzofondisti durante la fase generale, per questi atleti il miglioramento della soglia anaerobica è solo una tappa di passaggio, prima di dedicarsi ad allenare qualità più specifiche, per cui il volume totale sarà minore rispetto ai fondisti e molto spesso si preferisce fare svolgere più intervalli a questa intensità rispetto ad una tempo run di 20', che sarebbe più pesante da recuperare per questi atleti.


E LE SALITE?

Le due categorie di allenamenti elencati precedentemente posso essere svolti anche in salita.
Personalmente penso che svolgere tali allenamenti in salita sia un modo per allenare la soglia anaerobica in maniera indiretta, visto che, anche se lo sforzo/potenza è lo stesso (rispetto ad una corsa in piano), l’impegno muscolare e la meccanica di corsa è differente, per cui l’allenamento non è così specifico come possono essere delle ripetute o un corto veloce in pianura.

Per questo motivo reputo che tali sedute possano essere inserite anche nel periodo generale senza il rischio di svolgere allenamenti troppo specifici lontano dalle gare (per atleti che finalizzano gare dai 10k in su).

In ogni caso consiglio di svolgere questi allenamenti su una salita lunga, anche se si vogliono fare delle ripetute, così da poter tenere il recupero breve; la mia regola è quella di utilizzare una salita che permetta di correre ad un ritmo non superiore a +1’10”/km rispetto al ritmo dello stesso allenamento ma svolto in pianura.

IL VARIATO 

Un'altro tipo di allenamento molto utile sono i corti veloci variati, questi allenamenti consistono nel correre tratti veloci leggermente sotto la soglia anaerobica e tratti "lenti" ad un passo leggermente al di sopra di essa, indicativamente al ritmo del medio. Questo tipo di seduta è molto utile perchè allena il corpo a smaltire e gestire quantità di acido lattico elevate a ritmi medi.

Un altro tipo di seduta simile alla precedente è rappresentato dalle ripetute medio/lunghe variate, dove la parte lenta viene corsa al ritmo della soglia anaerobica (o più veloce, dipende dallo scopo della seduta).
Queste tipologie di sedute sono molto utili per i crossisti, per chi sta preparando una gara collinare o in montagna, perchè simulano le condizioni che si dovranno affrontare in gara ovvero continue variazioni di acido lattico e il saper gestire alti livelli di acido lattico a ritmi elevati. Cosa che non accade durante le classiche gare su strada (<10 km) o in pista  dove la concentrazione di lattato segue un andamento esponenziale.

Quali sono gli Adattamenti Principali che vengono Migliorati allenandosi al ritmo della Soglia Anaerobica?


Come mostrato in tabella gli adattamenti fisiologici principali che allenamenti al ritmo della soglia anaerobica comportano sono: l'aumento degli enzimi mitocondriali e  il miglioramento della soglia del lattato con conseguente miglioramento dell'efficienza del metabolismo dei glucidi.

Altri miglioramenti secondari, ma comunque di importanza rilevante riguardano: l'aumento del volume del plasma nel sangue, l'aumento delle scorte di glicogeno a livello muscolare, l'inter-conversione delle fibre veloci e l'aumento del volume sistolico.


Per quali Podisti Migliorare la Soglia Anaerobica è Fondamentale?

Come ogni qualità allenante ci sono atleti dediti a certe distanze che beneficeranno maggiormente di allenamenti svolti al ritmo della soglia anaerobica.

Per il maratoneta la soglia anaerobica è una qualità molto importante visto che serve come supporto aerobico diretto.
Allenamenti svolti a questa intensità servono per migliorare il ritmo maratona, per cui il momento migliore per inserirli è durante il periodo speciale/pre-agonistico, mantenendo comunque un buon volume anche durante il periodo specifico, magari inserendo alcuni tratti a questo ritmo all'interno dei medi o dei lunghi.

Per atleti che corrono la maratona ad un ritmo molto vicino a quello del fondo lento, dovrebbero dare maggior focus sul migliorare di questa qualità durante la fine del periodo generale e l’inizio di quello pre-agonistico.


Per chi prepara una mezza maratona questo tipo di sedute è fondamentale sopratutto per gli atleti avanzati, visto che il ritmo gara è molto vicino a quello della soglia anaerobica, per cui il momento migliore per dare il maggiore focus a questo stimolo allenante è durante il periodo specifico. Atleti più lenti possono inserire tali sedute anche nel periodo pre-agonistico.
L'ideale è quello di incominciare svolgendo delle ripetute a tale ritmo per poi aumentarne la lunghezza e il volume totale. Inoltre una buona idea è quella di inserire alcuni tratti a questo ritmo nel periodo specifico all'interno di alcuni medi variati.


Per gli atleti che stanno preparando una gara di 10km questi allenamenti sono molto importanti perché svolgono un ruolo di supporto aerobico diretto, per cui il momento migliore per focalizzarsi su questi lavori è durante il periodo pre-agonistico, l’ideale sarebbe fare una progressione sul volume totale fino ad arrivare a totalizzare un volume di 35’/40’ totali. 
Nel periodo specifico si dovrà comunque svolgere un mantenimento ogni 10gg/2 settimane, per esempio andando a correre un intervallo a questo ritmo e poi fare altre ripetute (di durata variabile), in base alle vostre esigenze.
Per atleti più lenti che hanno un ritmo di soglia anaerobica molto vicino a quello del ritmo gara sui 10km, dovrebbero prestare attenzione a non inserire questi lavori troppo presto, per non rischiare di arrivare in forma prima del dovuto.


Per gli atleti che finalizzano una gara di 5km questi allenamenti rivestono un ruolo di supporto aerobico, per questo motivo il momento migliore per inserirli è durante l’ultima parte del periodo generale e durante la prima parte del periodo pre-agonistico. In questo caso si può arrivare a totalizzare un volume minore rispetto al caso precedente, visto che uno degli scopi principali di queste sedute è quello di mettere le basi per poi lavorare su ritmi più veloci (ritmo gara 10km) che serviranno come supporto aerobico diretto.
Nei periodi successivi si devono comunque svolgere alcuni allenamenti di mantenimento.


Per 1500entisti resistenti questo tipo di sedute servono per migliorare l’endurance generale, per questo motivo il momento migliore per inserirle è durante il periodo generale dove il focus primario è quello di migliorare la propria base aerobica.
Il volume totale non deve essere eccessivo, si può partire con un volume totale di 15’ e arrivare fino a 30’ di lavoro svolto a questa intensità.
Per la maggior parte degli atleti sono da preferire le ripetute lunghe rispetto a tempo run di 15'/20'.


Per i 1500entisti veloci il lavoro a questo ritmo non dovrebbe essere eccessivo, per migliorare l’endurance generale, è meglio utilizzare progressivi, fartlek (dove le parti veloci vengono corse anche leggermente più veloci della soglia) e ripetute aerobiche che coprono diverse intensità.


Per 800entisti veloci il lavoro svolto al ritmo della soglia anaerobica dovrebbe essere limitato per non rischiare di diminuire le abilità anaerobiche dell’atleta. Per lavorare sull'endurance generale nel periodo di base è meglio inserire brevi tratti a questa intensità (o leggermente più veloci) durante dei lunghi oppure all'interno di progressivi o fartlek. Un altra valida alternativa riguarda l’usare le scalette aerobiche ovvero partendo da una ripetuta svolta al ritmo della soglia anaerobica per poi progredire con l’intensità nelle successive ripetute che avranno una durata minore.

venerdì 27 marzo 2020

Correre sul Tapis Roulant e all'Aria Aperta: Quali sono le Differenze?


In questo difficile periodo molti runner hanno rimediato alla mancanza di poter uscire fuori a correre con l'utilizzo del tapis roulant.


Al riguardo di questo macchinario si sentono diverse opinioni, come: “correre sul tapis roulant è completamente diverso rispetto alla corsa outdoor”, “il tapis roulant fa infortunare”, “correndo sul tapis roulant si usano muscoli differenti”, "per simulare la corsa outdoor bisogna impostare una pendenza del 1 o 2%".
Ma dove sta la verità? In questo articolo analizzerò gli studi condotti per rispondere a queste domande.



PERCHÈ SUL TAPIS ROULANT VADO PIÙ VELOCE?

Sono diversi i podisti che millantano super allenamenti fatti sul tapis roulant, ma tali tempi non rispecchiano il loro reale valore atletico, sembrerebbe infatti che correre sul tapis roulant ci faccia andare più veloci rispetto a correre all'aria aperta, ma perchè questo ?

Principalmente è dovuto a due fattori:
1-Il costo energetico della corsa sul tapis roulant è minore rispetto alla corsa outdoor.
2-La velocità che leggiamo sul display del tappeto non è veritiera.

1-Dispendio Energetico

Correre sul tapis roulant ha un costo energetico inferiore rispetto a correre all'aria aperta, questo è dovuto al fatto che correndo fuori bisogna vincere la resistenza dell’aria.

Quindi a parità di energie spese sul tapis impostato a 0% di pendenza andremo più veloce rispetto a correre in un percorso completamente pianeggiante all’aria aperta.

Per avere lo stesso dispendio energetico della corsa all’aperto molti studi suggeriscono di impostare il tapis roulant su una pendenza dell'1% .
Il problema è che correndo fuori, più si va veloce e più la resistenza dell’aria aumenta, basti pensare quanto poco o nulla incida la scia ad una velocità pari a quella a cui vanno la maggior parte dei podisti amatori e quanto invece sia un fattore primario nelle corse ciclistiche, dove la velocità è molto più alta.

Qual'è la Pendenza Ideale Per Simulare il Ritmo Outdoor?

L'1% di pendenza è un valore di media, infatti come si può notare dal grafico, questa pendenza è ideale se il passo è compreso tra i 3'30" - 4'30"/km, a velocità intorno ai 5’30”/km può bastare anche solo una pendenza dello 0,5% e 0% per ritmi più lenti, mentre a velocità più alte intorno ai 3'/km, si dovrebbe mettere una pendenza maggiore, fino al 2%, ma in questo caso la meccanica di corsa cambierebbe non di poco, sarebbe come correre in un continuo falsopiano.

Nel grafico si può notare una linea continua blu che rappresenta il caso studio ovvero su un soggetto di 68kg, le linee tratteggiate rappresentano i casi estremi, perchè per esempio una ragazza alta 160cm dovrà vincere una resistenza dell'aria minore rispetto ad un podista di 200cm, visto che la superficie corporea è minore. Quindi per simulare la velocità reale esterna sul tapis roulant il podista di 200cm (linea tratteggiata a destra) dovrebbe tenere una pendenza maggiore rispetto ad una ipotetica ragazza più minuta (linea tratteggiata a sinistra).

Inoltre tenere sempre una lieve pendenza cambia leggermente la meccanica di corsa e chi corre molti chilometri sul tapis roulant potrebbe sovraccaricare la zona dei polpacci e quindi aumentare il rischio di andare incontro a contratture, tendiniti ecc., soprattutto per chi soffre o ha sofferto di questi problemi.

Pertanto a chi corre tanti chilometri sul tapis roulant ed ha anche avuto problemi muscolari-tendinei a livello di polpaccio-caviglia, consiglio di mantenere una pendenza dello 0%, così facendo si andrà più veloci, rispetto alla corsa outdoor, quindi sorge spontaneo chiedersi...

A che Ritmo Corrisponde il Passo sul Tapis Roulant (con pendenza dello 0%) rispetto alla corsa Outdoor?



Si stima un aumento della velocità tra il 3/6% per un passo comprese tra i 3'00"-5'00"/km. Nella tabella si può notare un interessante confronto tra il passo outdoor e quello indoor (con una pendenza dello 0%), questa tabella e il grafico precedente sono entrambi modelli semplicistici che non tengono conto di alcune variabili esterne e comunque fanno sempre riferimento ad un soggetto di 68kg, per cui la differenza di passo possono essere anche molto diverse tra soggetti di taglia differente.

Se siete interessati ad approfondire l'argomento sotto il punto di vista fisico vi rimando a questo articolo da cui ho preso queste due immagini.



2-La Velocità sul Display del vostro Tapis Roulant Mente!

Un fattore molto importante che incide sulla veridicità della velocità che leggete sul display è che la velocità dei tapis roulant non è costante!
Quando appoggiamo il piede a terra la velocità del nastro rallenta leggermente (perchè il motore viene "appesantito" dal nostro peso),
invece durante la fase aerea il motore applica una velocità extra al tappeto per compensare la diminuzione di velocità precedente, questa velocità extra viene registrata dal tapis roulant, ma non viene applicata alla persona che ci corre sopra.

Questo effetto su tapis roulant commerciali (motore poco potente) ben calibrati rappresenta una sovrastima della distanza intorno al 2%, che si traduce approssimativamente in un 5" di sovrastima del ritmo (ricordo che questa è una media).
Questo effetto è meno evidente con prodotti professionali di alta fascia.

Inoltre molti tapis roulant sono mal calibrati, ciò significa che il tapis roulant mostra una velocità non precisa rispetto alla velocità media misurata della cinghia. Per avere una stima reale della velocità del tappeto o usate un food pod (calibrato preferibilmente in pista) oppure conviene fare una calibrazione del macchinario. Per approfondire l'argomento e capire come calibrare il proprio tapis roulant vi rimando a questo articolo.


BIOMECCANICA DI CORSA

In una interessante meta-analisi* del 2019 risulta che le principale differenze tra correre sul tapis roulant e outdoor (su tutte le superficie analizzate) si ha un leggero aumento della flessione del ginocchio quando il piede tocca terra e una diminuzione della flessione del ginocchio durante la fase dove il piede è appoggiato a terra, questo contribuisce a diminuire l'oscillazione verticale.

A livello della caviglia si nota una leggera diminuzione dell’angolo tra la pianta del piede e il terreno nel momento in cui il piede appoggia a terra, quindi si tende ad un appoggio leggermente meno di tallone e più verso il mesopiede. 
Inoltre si nota una diminuzione della forza propulsiva di picco e un aumento dei parametri cinetici (momento) della caviglia.
Infine si rileva un leggero aumento del tempo di contatto con il terreno.

*ovvero una analisi di tutti studi su un determinato argomento, il cui lo scopo è quello di riassumere i dati provenienti dai diversi studi per trarre conclusioni più forti di quelle tratte sulla base di ogni singolo studio.


TERMOREGOLAZIONE

Un altro fattore da non sottovalutare nel caso si svolgano allenamenti particolarmente intensi o lunghi, riguarda la termoregolazione.

Se corriamo fuori avremmo una massa d’aria che ci raffredderà in misura maggiore con l’aumentare della velocità, questo fattore come abbiamo visto precedentemente non capita se si corre su un tapis roulant, quindi preparatevi a sudare molto!
Per questo motivo è bene munirsi di un ventilatore e cercare di posizionare il macchinario in una stanza arieggiata e non troppo calda, visto che questo fattore potrebbe limitare notevolmente la performance.
Inoltre è bene prestare attenzione a reintegrare i liquidi e i sali persi durante gli allenamenti più lunghi e/o intensi.

ALCUNE PERPLESSITÀ

Quindi, come visto precedentemente riguardo la resistenza dell'aria sul tapis roulant, più veloce vai e maggiore è il vantaggio che ti offre.
Ma in uno studio si è visto che ad alte velocità la frequenza cardiaca e lo sforzo percepito erano entrambi più alti sul tapis roulant rispetto alla corsa fuori.
In apparenza, non ha senso: meno resistenza dell'aria significa che spendi meno energia a velocità elevate (se la pendenza è 0%), allora perché la frequenza cardiaca e lo sforzo dovrebbero essere più alti?

Oltre al fatto da non sottovalutare riguardante la termoregolazione (come visto precedentemente), alcuni autori suggeriscono che potrebbe essere causato dal fatto che non è facile correre “rilassati” ad alte velocità su un tappeto in movimento molto spesso di dimensioni ridotte, soprattutto per chi non è avvezzo a correre sul tapis roulant.
Per cui la mancanza di "confidenza" con l’attrezzo (sopratutto ad alte velocità) potrebbe causare un aumento della frequenza cardiaca, uno sforzo percepito maggiore e una alterazione della meccanica di corsa dovuta al sentimento di ansia per la paura di cadere.


CONCLUSIONI

Nel complesso, i risultati indicano che la biomeccanica della corsa sul tapis roulant è in gran parte paragonabile alla biomeccanica della corsa fuori anche se differisce su alcuni aspetti. Le differenze principali riguardano:
  1. La differenza di stiffness con la superficie;
  2. L’esperienza di corsa su tapis roulant;
  3. La scarsa qualità del macchinario (bassa potenza del motore, dimensioni ridotte del nastro di corsa, ecc.), questo può portare a una minore sensazione di sicurezza nel correrci sopra e quindi ad alterare la biomeccanica di corsa;
  4. Differenze della resistenza dell’aria ad alte velocità;
  5. Un'alterata percezione della velocità;
  6. Allenarsi sul tapis roulant è noioso!
Ultimo fattore da non sottovalutare è che svolgere dei lavori o lunghi sul tapis roulant è estremamente difficile sotto il punto di vista mentale, oltre che fisico se non siamo in un luogo arieggiato e fresco, per cui può capitare che se attuiamo tutti gli accorgimenti sopra elencati per diminuire al minimo le differenze tra corsa indoor e outdoor non riusciamo comunque a essere performanti come quando corriamo fuori.

Per cui le maggiori differenze tra il tapis roulant e la corsa all'aperto non sono nel fatto che questo macchinario ti cambia la meccanica di corsa (a patto che non sia un macchinario di scarsa qualità), ma piuttosto nel modo in cui rispondi all'esperienza. Quindi probabilmente le prime volte correrete in maniera leggermente differente, ma questo è dovuto principalmente al fatto che non siete abituati a correrci sopra. 
Dopo qualche allenamento incomincerete a prendere confidenza con l’attrezzo e la corsa dal punto di vista biomeccanico sarà sempre più simile a quella all’aria aperta.


QUANDO SI RITORNA A CORRERE FUORI

Chi in questo periodo sta usando in modo massiccio il tapis roulant, deve fare attenzione a quando si potrà tornare a correre liberamente, visto che il corpo non è più abituato agli stimoli esterni che la corsa all'aria aperta comporta come curve, strade sconnesse, percorsi sterrati, ecc..

Per questo motivo è bene fare un periodo di transizione in cui si alternano sedute fuori (preferibilmente su strada o percorsi facili) con allenamenti indoor sul tappeto, questo soprattutto se sono passate diverse settimane dall'ultima uscita fuori.
Specialmente per i trail runner o per chi corre spesso su percorsi sterrati è bene inserire durante questo periodo degli esercizi specifici per non perdere completamente le qualità propriocettive, come esercizi dinamici in monopodalica anche su tavolette propriocettive e ogni tanto è una buona idea svolgere qualche allungo in cortile o in giardino, anche per non perdere completamente l'affinità con la corsa al esterno.

sabato 21 marzo 2020

Cos'è la Soglia Anaerobica?


Molto spesso si sente parlare di allenamenti in soglia o di soglia anaerobica, ma cos'è realmente? Come si misura e come si migliora?
In questo articolo cercherò di fare chiarezza rispondendo a queste domande.



Acido Lattico e Lattato

Prima di spiegare cos’è la soglia anaerobica, è doveroso fare una premessa riguardo il lattato e l'acido lattico, visto che saranno parole che userò spesso durante l’articolo.

L’acido lattico e il lattato non sono la stessa cosa.
L’acido lattico è un composto chimico che viene prodotto nei muscoli e cresce con l’aumentare dell’intensità dell’attività fisica, quando passa nel torrente ematico prende il nome di lattato perché la sua struttura chimica perde uno ione H+ ( la presenza degli ioni H+ turba il pH cellulare delle fibre muscolari, per questo motivo sono loro i veri responsabili della sensazione di fatica muscolare piuttosto che la sostanza del lattato).
Nel prosieguo dell'articolo farò riferimento più volte al lattato visto che per misurare la soglia anaerobica spesso si fanno dei piccoli prelievi di sangue dalla punta delle dita o dal lobo dell’orecchio e quindi si fa riferimento ai valori di lattato invece che di acido lattico.

Miti Riguardo l'Acido Lattico

Il primo  mito da sfatare riguarda il fatto che l’acido lattico non viene prodotto dai muscoli solo quando facciamo attività fisiche intense, ma viene prodotto dal nostro corpo anche a riposo (tra i 0,8 e 1,5 mmol/l di lattato) e cresce con l’aumentare dell’intensità dell’attività fisica.

Il secondo mito riguarda il fatto che l'acido lattico non c'entra nulla con i dolori muscolari che avvertiamo il giorno dopo un'attività fisica intensa o che non siamo abituati a fare, l'acido lattico "in eccesso" viene smaltino nell'arco di qualche ora finita l'attività. Questi dolori vengono chiamati DOMS e non sono causati da un "danno muscolare" come molti credono, ma da un ipereccitamento dei nocicettori (cellule nervose), ovvero è il sistema neurale ad essere “infiammato” dopo l’allenamento, non il muscolo.


COS’È LA SOGLIA ANAEROBICA?

La soglia anaerobica (o soglia del lattato), che in inglese viene chiamata Lactate Threshold (LT), anaerobic threshold (anche se scientificamente questi nomi non sono tutti equivalenti, per comodità li ho raggruppati come sinonimi per non creare troppa confusione), è un parametro che indica il limite di sforzo fisico oltre il quale si determina una produzione di lattato superiore alla capacità di smaltimento muscolare e sistemico dell’organismo.
Al di sotto di questa soglia, come quando corriamo un lento, il corpo produce lattato, ma riesce a smaltirlo in modo efficace, per cui i livelli di lattato aumentano di poco al velocizzare del passo. Infatti la produzione di energia è sostenuta in maniera preponderante dal sistema aerobico, per questo motivo lo sforzo può essere protratto per lunghi periodi.
Al contrario, quando lo sforzo aumenta e supera questa soglia il lattato aumenta in modo esponenziale, il sistema energetico aerobico non basta più e quindi avviene una graduale riattivazione del sistema anaerobico lattacido, per questo motivo è possibile mantenere l’intensità per periodi molto più brevi.
Per convenzione il valore di lattato che corrisponde alla soglia anaerobica viene fissato a 4.0 mmol/l, ma come tutti i valori è una media e non un valore universale, per cui può variare anche di molto da persona a persona.

In poche parole la soglia del lattato è l’intensità dell'esercizio o concentrazione di lattato nel sangue con la quale possiamo sostenere uno sforzo ad alta intensità per un periodo di tempo specifico.

Qui sorge spontaneo chiedersi per quanto tempo possiamo mantenere questa intensità? Qual'è la concentrazione di quel lattato nel sangue?


Per Quanto Tempo possiamo Correre al Ritmo della Soglia Anaerobica?

Per la maggior parte dei corridori, la soglia del lattato corrisponde al ritmo più veloce che possono mantenere per 40-60 minuti, le persone poco allenate riescono a mantenerlo anche solo per 30’.
Nel range più basso si troveranno le persone poco allenate invece nel range più alto si troveranno i podisti molto allenati.

A Quale Valore Corrisponde la Soglia Anaerobica?

VELOCITÀ
Come visto sopra per un atleta molto allenato il ritmo della soglia anaerobica può essere stimato con un passo al chilometro compreso tra il ritmo gara sui 10 km e quello della mezza, al contrario una persona meno allenata o meno performante avrà un soglia più vicina o anche al di sotto del ritmo gara sui 10km.

FREQUENZA CARDIACA
La soglia anaerobica normalmente è compresa tra 80-90% della FC max per soggetti ben allenati (personalmente non mi piace ragionare in termini percentuali, ancora meno in riferimento alla frequenza cardiaca, però in questo caso è un margine abbastanza ampio).

VO2max
Un altro valore per determinare la soglia anaerobica fa riferimento alla percentuale di VO2max ovvero un valore che rappresenta il massimo volume di ossigeno consumato per minuto e definisce il livello cardiorespiratorio e aerobico personale, la velocità alla quale si raggiunge il massimo consumo di ossigeno si riesce a mantenere per un tempo compreso tra i 6 e i 10 minuti per cui soggetti molto allenati riusciranno a mantenere un intensità maggiore e quindi un valore di VO2max più vicina a 100% a parità di durata rispetto ad un soggetto meno allenato.
La percentuale di Vo2max che corrisponde alla soglia anaerobica per soggetti non allenati è tra il 50/60%, per soggetti moderatamente allenati 75-80%, per atleti molto allenati o professionisti è 85-90%.

Questi sono valori molto ampi per valutare il livello di soglia del lattato, per cui lasciano il tempo che trovano, per avere un valore più preciso dovremmo sottoporci ad alcuni test sul campo o in laboratorio come vedremo tra poco.

Quali sono i Test Migliori per Misurare la Soglia Anerobica?

Test Conconi


Questo è sicuramente uno dei test più conosciuti e semplice infatti consiste nello svolgere uno sforzo di intensità crescente (da svolgere preferibilmente in pista o su un tapis roulant, per avere una distanza esatta) in cui vengono rilevati i valori di velocità e di frequenza cardiaca. Tutti i dati vengono poi messi su un grafico. Se il test viene eseguito correttamente, il grafico mostrerà un punto in cui la pendenza cambia bruscamente, che indicherà la soglia anaerobica.
Tuttavia, alcune ricerche hanno dimostrato che il punto di deflessione della frequenza cardiaca è visibile solo nella metà degli individui e comunemente tale test sovrastima la soglia anaerobica, si conclude infatti che questo non sia un metodo accurato per rilevare la soglia anaerobica.

Test in Laboratorio
Il modo più accurato per determinare la soglia del lattato è tramite un test da sforzo graduale svolto in laboratorio. Durante il test la velocità di un tapis roulant, viene aumentata ad intervalli regolari (ad es. ogni 1, 3 o 4 min) e vengono prelevati dei campioni di sangue ad ogni incremento.
Il lattato nel sangue viene poi riportato su grafico per ciascun intervallo del carico di lavoro, per descrivere la curva del lattato in funzione della performance.


Test sui 30’
Questo semplice test consiste nel correre su un percorso misurato alla massima velocità per 30’, la velocità media dovrebbe corrisponde a quella della soglia anaerobica (il test è da svolgere in allenamento da soli visto che così facendo non riusciremo a dare il 100% come nel caso svolgessimo tale test in gara), si è visto che questo è uno dei metodi più accurati, senza doversi recare in laboratori .

Tendo a sottolineare che il test è stato svolto su soggetti molto allenati, infatti questi podisti hanno una certa sensibilità al ritmo per cui prima di partire per il test hanno una precisa idea del ritmo che possono mantenere per 30’.

Alla luce dell’ultima frase sorge spontaneo chiedersi se ...


Ha Senso Misurare la Soglia Anaerobica con un Test in Laboratorio?

Diversi allenatori sono molto interessati a fare un test per valutare la soglia anerobica ogni “x” tempo per vedere se ci sono stati degli effettivi miglioramenti sotto questo parametro, ma io mi chiedo è realmente così importante fare continui test?
Come abbiamo visto precedentemente un atleta con una certa esperienza o un allenatore che conosce bene il suo atleta riesce a stimare in modo abbastanza preciso il ritmo di soglia, in base agli allenamenti o gare fatte.
Altre volte invece si cerca questo dato per individuare se il miglioramento della performance, sia dato da un incremento della soglia o dall'economicità di corsa o del V02max, o altro. Ma anche in questo caso un bravo allenatore in base agli allenamenti fatti riesce a capire quale parametro ha migliorato il proprio atleta e su quale aspetti deve ancora migliorare.

Con l’avanzare della tecnologia sono sempre di più gli allenatori ossessionati dal raccogliere ogni tipo di dato dal proprio atleta, nella speranza di massimizzare la performance, ma molto spesso questi allenatori si trasformano in computer viventi e perdono l’aspetto fondamentale che un allenatore deve avere, ovvero la capacità di ascoltare il proprio atleta.

Per giunta, riguardo questi test, bisogna tenere in considerazione che nella maggior parte dei casi vengono fatti su un tapis roulant e in laboratorio ovvero un ambiente molto atipico per un podista, poi se nel giorno del test vi trovate in una “giornata no” potreste avere dei valori non veritieri. Ci sono tanti fattori in gioco che possono variare anche di molto i valori del test.

Inoltre sempre più ricercatori si chiedono se un punto preciso o una soglia esista. Alternativamente, essi suggeriscono che l'accumulo di lattato nel sangue sia continuo in natura, e nessun punto specifico può essere determinato.
Ma invece di perderci nel dibattito è ragionevole ricordare che, indipendentemente dai meccanismi alla base, i cambiamenti fisiologici che accompagnano l'accumulo di lattato hanno importanti implicazioni per gli atleti di resistenza. Infatti qualsiasi ritardo nell'accumulo di lattato nel sangue, che può essere raggiunto attraverso l’allenamento, è vantaggioso per le prestazioni.

Quindi dal mio punto di vista reputo che, per un amatore ma anche per atleti professionisti, spendere dei soldi e “perdere” una giornata in cui si poteva svolgere un lavoro, per misurare la soglia anaerobica, abbia poca utilità. Per atleti professionisti ha più senso monitorare i livelli di lattato (con uno strumento apposito) durante gli allenamenti più specifici nel corso della stagione, per valutare i livelli di lattato medi e massimi, durante i lavori principali.

Nel prossimo articolo vedremo per quali podisti è più importante migliorare la soglia anaerobica e quali sono gli allenamenti migliori per incrementarla.






sabato 8 febbraio 2020

Fondo Medio: Istruzioni d'uso per ogni Distanza


Dopo aver visto cos'è il fondo medio nello scorso articolo, in questo andrò a palare: di qual è il momento della stagione migliore per inserirlo e se è un tipo di allenamento fondamentale, in base alla gara che si vuole finalizzare.
Inoltre analizzerò in modo più approfondito le varie tipologie di fondo medio (variato, in salita, ecc.).


QUANDO SVOLGERE IL MEDIO?

Per atleti dediti al mezzofondo breve fino ai 10km il medio rappresenta un “over-distance”, ovvero un allenamento svolto ad una intensità elevata senza pause per una distanza superiore rispetto a quella gara.

  • Per un mezzofondistia breve (1500m/3000m)
    questo allenamento serve per migliorare l’endurance generale, essendo un ritmo molto distante da quello gara, per cui è meglio inserirlo nel periodo generale, dove si lavora in modo più specifico per creare una buona “base aerobica”, che permetta di svolgere e recuperare al meglio i lavori lattacidi che si svolgeranno nel clou della stagione.

  • Per atleti dediti ai 5k/10k questa seduta viene vista come un lavoro di special endurance/aerobic support, visto che il ritmo si avvicina a quello gara, ma si parla ancora di un paio di decine di secondi al km più lenti, quindi questa tipologia di allenamento può essere inserita sia nel periodo pre-agonistico che in quello generale, ma un rispolvero di tale seduta può anche essere svolto nel periodo agonistico.

  • Per atleti che finalizzano una mezza maratona questa seduta gioca un ruolo molto importante, infatti può essere classificata come direct aerobic support. Visto che il ritmo a cui si corre è molto vicino a quello gara, risulta un allenamento molto specifico, per cui questo tipo di seduta viene inserito nel periodo pre-agonistico e agonistico, ma per alcuni atleti può essere inserito anche prima.

  • Infine per i maratoneti questo rappresenta uno stimolo ultra specifico, visto che viene corso ad un ritmo gara o comunque molto vicino ad esso. Questo tipo di allenamento rappresenta uno degli allenamenti più impegnativi e specifici, per cui viene inserito nelle fasi finali della preparazione. Anche in questo caso può essere inserito prima in base all'atleta e al tipo di progressione del mezzo allenante che si vuole intraprendere.


IL FONDO MEDIO È FONDAMENTALE?

Come accennato sopra questo tipo di allenamento in Italia è considerato imprescindibile in ogni programma di allenamento dal mezzofondo in su, ma se guardiamo all’estero è un tipo di seduta molto più raro e in alcuni casi assente per atleti dediti dai 5 km in giù.
Di seguito per ogni atleta esporrò il mio parere riguardo il "medio".

  • Per il maratoneta è una seduta di allenamento fondamentale essendo una delle più specifiche, visto che si affronta il proprio ritmo gara per molti km di seguito.

  • Per un atleta che finalizza una mezza maratona è molto importante perché migliora tanto l’aspetto dell’endurance ad un ritmo molto vicino a quello gara.

  • Per un mezzofondista prolungato (5000m/10k) è molto utile ma non fondamentale, ne sono un esempio le numerose tabelle di tecnici americani che sostituiscono tale sedute con allenamenti a ritmo della soglia anaerobica o ripetute lunghe con recupero attivo.

  • Per mezzofondisti veloci più propensi alla resistenza (1500m/3000m) questo tipo di seduta può essere utile per qualcuno ma non per tutti, anche in questo caso si deve badare molto bene al momento della stagione in cui inserirlo.
  • Per un mezzofondista veloce 800entista puro o 800entista-400entista (cioè che le sue migliori prestazioni siano sui 400m e 800m piuttosto che sui 800m e 1500m oppure che riesce a dare il 100% solo sugli 800m) il medio può essere addirittura controproducente. In questi casi per lavorare sull'endurance generale è meglio utilizzare lavori frazionati intorno alla soglia anaerobica o sotto, fare lavori più lunghi ad un passo più lento rischia di aumentare di molto il recupero dell’atleta essendo per lui una seduta molto impegnativa da recuperare (non essendo “portato e ottimizzato” per tale sforzo) e con un bassissimo beneficio visto che il ritmo gara è di molte decine di secondi più veloce. Per lavorare sull'ottimizzazione della base aerobica meglio utilizzare i classici lenti essendo meno invasivi sul lato recupero.

IL FONDO MEDIO NON E' TUTTO UGUALE

Il fondo medio classico fa riferimento ad un tipo di seduta di distanza media (8-20 km) corsa ad un ritmo costante nel tempo in un percorso pianeggiante, ma ci possono essere numerose varianti ognuna con una finalità differente.


FONDO MEDIO IN SALITA

In questo caso si fa affidamento sulla durata dell’allenamento e alla percezione dello sforzo piuttosto che sui chilometri percorsi e sul ritmo, l’ideale sarebbe una salita con una pendenza costante tra il 3 e 6%.
Questo tipo di seduta è molto utile nella preparazione invernale sopratutto per maratoneti e mezzi-maratoneti perché si può andare ad allenare una delle qualità organiche più specifiche (endurance specifica/speciale) senza che l’allenamento diventi troppo specifico, con conseguente rischio di arrivare in forma troppo presto.
Infatti in una seduta in salita si andrà a lavorare in modo specifico sui sistemi energetici (che sono gli stessi utilizzati se si facesse un medio in pianura), ma in modo aspecifico sulla meccanica di corsa a tale ritmo (visto che per avanzare i muscoli lavoreranno in modo differente rispetto alla corsa in piano).

Tale seduta è molto utile anche per i crossisti visto che va ad allenare la Strength Endurance componente molto importante nelle campestri.

Questo allenamento può essere utile anche per alcuni atleti dediti a 5km e 10km nel periodo generale, invece per i mezzofondisti veloci nella maggior parte dei casi è inutile.


FONDO MEDIO VARIATO

Il fondo medio variato consiste nell’alternare parti corse ad un ritmo veloce e parti corse ad un ritmo più lento, con questo tipo di seduta si possono creare infinite varianti, giocando sulla distanza delle parti corse veloci o lente e aumentando/diminuendo il ritmo delle parti corse velocemente/lentamente.
Insomma si possono creare mille varianti dove ognuna ha uno scopo differente, l’importante è che le parti lente non le corriate ad un ritmo superiore a quello del “lento-svelto”, se no il lavoro cambierebbe connotazione e sarebbe più simile a delle ripetute con recupero attivo.

In ogni caso questo tipo di seduta è molto utile perché può essere usato anche nei periodi più specifici della preparazione, andando ad allenare l’endurance più specifica correndo le parti veloci a ritmo gara.


FONDO MEDIO PROGRESSIVO

In questo caso si può partire dal range di ritmo visto precedentemente più alto (Ritmo Gara 10k +25"/km) e aumentare il ritmo con il passare dei km fino ad arrivare a (RG 10k +15”/km) o anche ad un ritmo inferiore dipende qual è lo scopo dell'allenamento.
Volendo si può partire anche ad un ritmo più lento ma si deve comunque tener conto che l’intensità media del lavoro verrà diluita visto che la prima parte sarà corsa ad un ritmo più lento rispetto a quello del fondo medio classico.


FONDO MEDIO COLLINARE

Il fondo medio collinare può essere visto come l’unione tra un medio variato e un medio in salita, dato che ci saranno le parti in salita corse ad un’intensità maggiore (rispetto all'intensità del fondo medio)  e le parti in discesa corse ad un'intensità minore.

Per mantenere un’intensità il più costante possibile consiglio di non percorrere discese troppo ripide e/o lunghe, e cercare un giro che abbia almeno qualche tratto in pianura (tra le parti il salita e quelle in discesa).
L’ideale sarebbe avere un percorso con con salite e discese tra i 100m e i 400m con pendenze tra il 3/8% in salita e discese con pendenze inferiori al 6%, intervallati da tratti anche più lunghi in piano.

giovedì 9 gennaio 2020

Guida Completa sul Fondo Medio


In questo articolo cercherò di chiarire uno degli allenamenti sul quale aleggiano più dubbi e domande ovvero il medio (o fondo medio) .


Nei programmi di allenamento “Italici” il fondo medio è una seduta di allenamento fondamentale, presente in ogni tipologia di tabella (spesso sotto l’abbreviazione “CM”), sia per mezzofondisti che per maratoneti.
Ma se analizziamo qualche programma di allenamento oltre oceano noteremo come il classico medio corso a ritmo costante sia molto più raro o in alcuni casi assente (molto spesso sostituito da lunghi tirati, medi variati o corti veloci).
Per cui sorge spontaneo chiedersi se tale seduta sia effettivamente fondamentale e se si, quando è meglio utilizzarla.


Nel prima parte di questo articolo cercherò di spiegare che cos'è il medio, a che ritmo si deve correre e qual è la distanza ottimale per ogni tipologia di atleta.

Nella seconda parte (che uscirà nelle prossime settimane) illustrerò le varie tipologie di fondo medio, in quale periodo della stagione è meglio svolgerlo in base alla distanza che si sta finalizzando e  secondo me in quali casi è una seduta imprescindibile da inserire nel proprio programma di allenamento e quando invece si può farne a meno .


COS’È IL FONDO MEDIO?

Il fondo medio classico è una corsa continua a ritmo (costante) di poco superiore a quello corrispondente alla soglia anaerobica, quindi è a tutti gli effetti un lavoro, ovvero un allenamento impegnativo che richiede un recupero consono.

La distanza come vedremo in seguito può cambiare anche di molto, tutto dipende dalla gara che si va a preparare, in generale varia dagli 8 km ai 20 km.

Al contrario nella lingua anglofona c’è più confusione nel definire tale allenamento, molto spesso si trova sotto la dicitura di TEMPO RUN oppure LONG TEMPO RUN (visto che molto spesso il termine “tempo run” viene usato per indicare il nostro “corto veloce” ovvero un allenamento svolto al ritmo della propria soglia anaerobica).

CHE COSA ALLENA IL FONDO MEDIO?

Questo tipo di seduta allena principalmente la capacità aerobica ed essendo corso ad un ritmo prossimo a quello della soglia anerobica la allena efficacemente in modo estensivo, inoltre (se eseguita nel modo corretto) insegna al corpo ad utilizzare gli acidi grassi come fonte energetica a ritmi elevati.

Per questo motivo per avere lo stimolo ricercato non si deve eccedere con il ritmo, con il conseguente rischio di non finire l'allenamento e dare all'organismo uno stimolo allenante differente.

Per cui se quando dovete svolgere il medio vi trovate in una "giornata no" è meglio concentrarsi sullo sforzo percepito e rallentare il ritmo, così da concludere i chilometri predefiniti, piuttosto che correre al ritmo prestabilito ma per una distanza inferiore.


A QUALE RITMO CORRERLO?

In linea molto generale il fondo medio può essere definito come un ritmo compreso tra +15”/25” al km rispetto al proprio passo gara sui 10 km, ovvero un ritmo maratona teorico (nel caso si fosse completamente ottimizzati su tale distanza, su internet si possono trovare molte tabelle che calcolano il ritmo maratona teorico, https://runsmartproject.com/calculator/).

Scrivo “teorico” perché la stragrande maggioranza degli amatori non riesce a svolgere una quantità di lavoro che permetta di essere completamente efficienti sulla distanza.
Infatti molto spesso un amatore corre la maratona al ritmo della corsa lenta/svelta (scartando quindi più di 30”/km rispetto al proprio personale sui 10 km), al contrario un professionista ha uno scarto molto spesso sui +15”/km.

Questo ritmo può variare in base a quanto si è ottimizzati sul fronte aerobico e anaerobico, per esempio un ultra-maratoneta, potrebbe correrlo con uno scarto molto basso rispetto al proprio personale sui 10 km non essendo ottimizzato sui 10 km.

Altro fattore che incide molto sul ritmo da tenere è dato dalla distanza che si andrà a percorrere.


QUAL È LA DISTANZA OTTIMALE DEL FONDO MEDIO?

La distanza del fondo medio varia molto in base alla gara che si sta preparando visto che un 1500entista ha esigenze molto differenti rispetto ad un maratoneta.


  • Per un mezzofondista veloce (1500m/3000m) la distanza può essere compresa tra gli 8 km e 12 km.


  • Per un mezzofondista prolungato (5000m/10k) la distanza può essere compresa tra i 10 km e 14 km.


  • Per un atleta che finalizza una mezza maratona la distanza normalmente è compresa tra i 14 km e 18 km.


  • Per un maratoneta invece la distanza può arrivare fino a 20 km (e in alcuni casi oltre).

Le distanze indicate precedentemente possono comunque variare. Mettiamo il caso che vogliate correre una mezza maratona ad un passo “x” e mentre state preparando il vostro programma decidete che per correre a tale ritmo dovete essere in grado a fine preparazione di fare un medio di 18 km a 4’00”/km.
Ad inizio stagione non sarete in grado di correre 18 km a 4', perché non avete ancora una condizione tale che ve lo permetta, per questo motivo dovete crearvi una progressione su tale stimolo allenante, le progressioni più classiche sono:

-Impostando una progressione sul ritmo (ovvero svolgendo dei medi di 16/18 km ad un ritmo più lento e aumentando il ritmo con il passare delle settimane fino ad arrivare a correrlo a 4’00”/km ).

-Oppure svolgendo una progressione sulla distanza (quindi iniziando con dei medi da 8/12 km a 4’00”/km e con il passare delle settimane aumentare la distanza fino ad arrivare a correre 18 km a 4’00”, nelle fasi conclusive della preparazione).

Questo per dire che anche una persona che si dedica a gare come la mezza maratona può svolgere medi di distanza inferiore a quelle descritte precedentemente, tutto dipende dalla tipologia di atleta e quale progressione sia meglio intraprendere per le sue caratteristiche.

Continua..