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sabato 10 agosto 2019

LE IMMERSIONE NELL'ACQUA FREDDA VELOCIZZANO REALMENTE IL RECUPERO?


Molto spesso sui social si vedono foto o video di atleti professionisti che dopo un allenamento impegnativo immergono le gambe in torrenti di montagna oppure in bidoni riempiti di acqua fredda e ghiaccio.
Ma immergere le gambe nell'acqua fredda è realmente utile? E qual è il miglior modo per trarne i maggiori benefici? Scopriamolo!


COSA COMPORTA A LIVELLO FISIOLOGICO IMMERGERE PARTE DEL CORPO NELL'ACQUA FREDDA?

  • VASOCOSTRIZIONE: Il freddo causa una vasocostrizione dei tessuti a contatto, portando così ad una riduzione del flusso sanguigno localizzato intorno ai tessuti danneggiati da un intenso esercizio fisico, questo riduce gli edemi e lo stato infiammatorio. Successivamente all'immersione i tessuti si riscaldano così da incrementare il flusso sanguino, questo effetto stimola la rimozione dei prodotti di scarto e migliora il trasporto di nutrienti al tessuto danneggiato.

  • EFFETTO ANALGESICO DELL'ACQUA FREDDA: I bagni nell'acqua fredda sembrerebbero ridurre la percezione del dolore visto che l’acqua fredda va a diminuire le “comunicazioni” fra alcuni recettori sensoriali ed il sistema nervoso simpatico.

  • RIDUZIONE DEI PERCORSI INFIAMMATORI: Altri autori hanno ipotizzato che il calo del dolore ed il miglior recupero, oltre ad essere opera dell’alterazione della sensibilità di alcuni recettori e della riduzione dell’edema indotto dall'esercizio, sia influenzato anche dalla riduzione all'accesso dei globuli bianchi.

  • PRESSIONE IDROSTATICA: Un’altra teoria riguarda gli effetti della pressione idrostatica sul corpo durante l’immersione in acqua fredda. Per ogni metro di immersione, il gradiente di pressione aumenta all'aumentare della profondità (più si va giù e più la pressione è alta). Questo effetto durante l’immersione a livello dell’anca, provoca lo spostamento di liquidi dalle estremità inferiori del corpo verso la regione toracica. Si ritiene che questa azione possa ridurre gli edemi indotti dall'esercizio fisico, aumentare il trasferimento del liquido extracellulare nel flusso sanguigno e aumentare la gittata cardiaca. Aumento della gittata cardiaca significa aumento del flusso sanguigno e del metabolismo dei rifiuti prodotti che si accumulano durante l’esercizio. Tutto questo può portare ad un più veloce recupero.

  • EFFETTO PLACEBO: Da non dimenticare il sempre presente effetto placebo, probabilmente dietro alla minor percezione del dolore e della fatica c’è anche una forte componente psicologica, visto soprattutto che è difficile togliere questa caratteristica dagli studi che sono stati effettuati.


PROTOCOLLO:

  • QUANDO → Successivamente agli allenamenti o gare più intense
  • TEMPERATURA ACQUA → La temperature delle ricerche variano solitamente tra 8-15 °C, con una temperatura media di 11 °C. Una temperatura troppo bassa potrebbe sortire l’effetto opposto.
  • POSIZIONE → Per trarre i maggiori benefici dalla pressione idrostatica è consigliato di rimanere in piedi con l’acqua almeno a livello dei glutei.
  • DURATA → La ricerca attuale suggerisce che la durata ottimale di immersione sia tra 11-15 minuti, così che si verifichi il movimento del liquido intravascolare.


STUDI SCIENTIFICI

Diversi studi sono stati svolti al riguardo, molti hanno dimostrato una riduzione degli effetti di DOMS 24 ore, 48 ore e 96 ore post-esercizio. Inoltre, è stato anche dimostrato una riduzione dei sintomi di RPE 24 ore post-esercizio.

Anche se numerose ricerche supportano l’uso dell’immersione in acqua fredda per ridurre gli effetti delle misure soggettive post-esercizio (cioè DOMS e RPE), i suoi effetti sulle misure oggettive (Creatina-chinasi (CK), Livelli di lattato nel sangue, Interleuchine, Proteina C-reattiva (CRP)) sono molto meno evidenti.
Se l’immersione in acqua fredda non riesce a migliorare le misure oggettive di recupero, ciò solleva delle domande sui meccanismi responsabili della riduzione degli effetti di DOMS e RPE.


PROBLEMA NEL CRONICO

Visto che si ritiene che le immersioni in acqua fredda velocizzino il recupero, diminuendo anche l’infiammazione muscolare, è sorto un dubbio riguardo un’ipotetica diminuzione degli adattamenti indotti dall'allenamento nel lungo termine.

Lo stato infiammatorio che si verifica successivamente ad una seduta intensa di allenamento è una componente molto importante per i processi di super-compensazione messi in atto dall'organismo, per questo motivo cercare una continua soppressione di tale infiammazione potrebbe rischiare di compromettere parte di questi processi e quindi interferire con il progredire del miglioramento della propria condizione fisica. Come scrissi in uno scorso articolo un rischio simile si è ipotizzato con  un’assunzione cronica di antiossidanti come la vitamina C ed E.

Se la riduzione dei DOMS è molto utile quando abbiamo due gare molto ravvicinate tra di loro, lo è meno nel cronico durante un periodo di preparazione.

CONCLUSIONI

I miglioramenti di valori soggettivi sono supportati da molti studi, pertanto ritengo questo una buona soluzione per velocizzare il recupero, ma da utilizzare con moderazione, visti i possibili svantaggi che potrebbero esserci nel lungo periodo con un utilizzo cronico.

I momenti migliori sono quindi quando si hanno gare molto ravvicinate e la capacità di recupero diventa più importante degli adattamenti dovuti allo stimolo della gara e dopo alcune sedute impegnative durante periodi molto intensi di allenamento (solo per atleti avanzati che macinano chilometri) dove il recupero riveste un ruolo molto importante per riuscire ad allenarsi al meglio. 
Comunque non sarà di certo questa pratica utilizzata una volta ogni tanto a far diventar vane le fatiche svolte in allenamento!

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