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sabato 18 agosto 2018

WEEKEND IN MONTAGNA: CORRERE O NON CORRERE ? PUÒ DARE BENEFICI ?

Ormai da tempo il soggiorno in altura è diventato parte integrante del programma annuale di allenamento di un professionista e con la diffusione di questa pratica anche molti amatori decidono di programmare le proprie vacanze in montagna, cosi da avere dei benefici per le gare autunnali.


Il classico metodo di allenamento in altura è il cosiddetto LIVE HIGH-TRAIN HIGH, ovvero vivere ed allenarsi per almeno 3 settimane ad una quota superiore ai 1600m. Negli ultimi anni questo metodo è stato messo molto in discussione riguardo i possibili benefici, trovando atleti che rispondevano a questo stimolo e altri no, discorso diverso per i keniani/etiopi che sono nati e vivono in altitudine la maggior parte dell’anno e quindi il loro corpo ha sviluppato una serie di adattamenti diversi.

Un altro metodo che sembra essere più efficace è il LIVE HIGH-TRAIN LOW, ossia rimanere in altura per la maggior parte del tempo di soggiorno e scendere a quote inferiori per svolgere le sedute più intense.



Quindi il metodo migliore sembra essere quello di soggiornare almeno 3 settimane in altura e fare i lavori a bassa quota. Purtroppo la maggior parte dei podisti difficilmente riesce a passare un tempo così lungo in vacanza, ma molto spesso soprattutto d’estate per le persone che abitano vicino alla montagna è solito passare qualche domenica in quota, ma vale la pena allenarsi in quota? può portare dei benefici sulla performance?


Ecco, negli ultimi anni è stato studiato un nuovo protocollo di allenamento ovvero LIVE LOW-TRAIN HIGH. L’idea è quella di svolgere alcune sedute in altitudine, in modo che il corpo abbia uno stress maggiore dovuto alla diminuzione di ossigeno nei muscoli e l’adattamento porti vantaggi come il miglioramento del trasporto di ossigeno ai muscoli.


In uno studio due ciclisti professionisti per 2/4 settimane hanno seguito questo protocollo di allenamento svolgendo sedute a intensità progressiva in quota, alla fine del ciclo di allenamento gli atleti sono stati divisi in  responder e non-responder, dove il primo  aveva aumentato l’emoglobina del 8%, ematocrito del 2% e migliorato la performance sub massimale dell’ 1%, al contrario l’altro atleta aveva mal reagito allo stress indotto dall’altura, non mostrando un miglioramento dei parametri ematici e addirittura un peggioramento della performance.

Ora questo studio ha dei difetti, per esempio quello di possedere un campione ridotto di soggetti analizzati e  di non avere un campione che abbia svolto gli stessi allenamenti sempre al livello del mare, per confrontarne le eventuali differenze, anche se un aumento dell’8% dell’emoglobina è notevole in sole 2/4 settimane, poi l’allenamento svolto è di 90’ con una prima parte più lenta e la seconda più veloce, anche in questo caso sarebbe interessante se ci fosse stato un gruppo che svolgeva in altura tutti gli allenamenti a bassa intensità e quelli intensi in pianura ed un altro gruppo che svolgeva solo gli allenamenti intensi in pianura.



Quindi cosa portarsi a casa alla luce di questo studio ?

Credo che svolgere un allenamento a settimana in altura potrebbe beneficiare ai “responder” ovvero chi si è accorto di un miglioramento della performance dopo un soggiorno ed un allenamento continuativo in altura. Queste persone potrebbero provare a svolgere anche sedute un po’ più intense, in montagna con i dovuti accorgimenti sul ritmo.

Invece per gli atleti che, dopo un periodo di allenamento in quota, non hanno riscontrato grossi benefici sconsiglierei di svolgere allenamenti intensi in quota, ma penso che una seduta di corsa lenta non possa far male.

Se poi la “la gita in montagna” è sotto i 1600m di quota, non c’è problema perché gli effetti dell’altitudine incominciano a scemare notevolmente, rendendo un soggiorno anche di più settimane inutile ai fini degli adattamenti visti finora ma avendo un vantaggio molto grande ovvero quello di riuscire ad allenarsi con un clima molto più fresco.

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