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sabato 18 agosto 2018

WEEKEND IN MONTAGNA: CORRERE O NON CORRERE ? PUÒ DARE BENEFICI ?

Ormai da tempo il soggiorno in altura è diventato parte integrante del programma annuale di allenamento di un professionista e con la diffusione di questa pratica anche molti amatori decidono di programmare le proprie vacanze in montagna, cosi da avere dei benefici per le gare autunnali.


Il classico metodo di allenamento in altura è il cosiddetto LIVE HIGH-TRAIN HIGH, ovvero vivere ed allenarsi per almeno 3 settimane ad una quota superiore ai 1600m. Negli ultimi anni questo metodo è stato messo molto in discussione riguardo i possibili benefici, trovando atleti che rispondevano a questo stimolo e altri no, discorso diverso per i keniani/etiopi che sono nati e vivono in altitudine la maggior parte dell’anno e quindi il loro corpo ha sviluppato una serie di adattamenti diversi.

Un altro metodo che sembra essere più efficace è il LIVE HIGH-TRAIN LOW, ossia rimanere in altura per la maggior parte del tempo di soggiorno e scendere a quote inferiori per svolgere le sedute più intense.



Quindi il metodo migliore sembra essere quello di soggiornare almeno 3 settimane in altura e fare i lavori a bassa quota. Purtroppo la maggior parte dei podisti difficilmente riesce a passare un tempo così lungo in vacanza, ma molto spesso soprattutto d’estate per le persone che abitano vicino alla montagna è solito passare qualche domenica in quota, ma vale la pena allenarsi in quota? può portare dei benefici sulla performance?


Ecco, negli ultimi anni è stato studiato un nuovo protocollo di allenamento ovvero LIVE LOW-TRAIN HIGH. L’idea è quella di svolgere alcune sedute in altitudine, in modo che il corpo abbia uno stress maggiore dovuto alla diminuzione di ossigeno nei muscoli e l’adattamento porti vantaggi come il miglioramento del trasporto di ossigeno ai muscoli.


In uno studio due ciclisti professionisti per 2/4 settimane hanno seguito questo protocollo di allenamento svolgendo sedute a intensità progressiva in quota, alla fine del ciclo di allenamento gli atleti sono stati divisi in  responder e non-responder, dove il primo  aveva aumentato l’emoglobina del 8%, ematocrito del 2% e migliorato la performance sub massimale dell’ 1%, al contrario l’altro atleta aveva mal reagito allo stress indotto dall’altura, non mostrando un miglioramento dei parametri ematici e addirittura un peggioramento della performance.

Ora questo studio ha dei difetti, per esempio quello di possedere un campione ridotto di soggetti analizzati e  di non avere un campione che abbia svolto gli stessi allenamenti sempre al livello del mare, per confrontarne le eventuali differenze, anche se un aumento dell’8% dell’emoglobina è notevole in sole 2/4 settimane, poi l’allenamento svolto è di 90’ con una prima parte più lenta e la seconda più veloce, anche in questo caso sarebbe interessante se ci fosse stato un gruppo che svolgeva in altura tutti gli allenamenti a bassa intensità e quelli intensi in pianura ed un altro gruppo che svolgeva solo gli allenamenti intensi in pianura.



Quindi cosa portarsi a casa alla luce di questo studio ?

Credo che svolgere un allenamento a settimana in altura potrebbe beneficiare ai “responder” ovvero chi si è accorto di un miglioramento della performance dopo un soggiorno ed un allenamento continuativo in altura. Queste persone potrebbero provare a svolgere anche sedute un po’ più intense, in montagna con i dovuti accorgimenti sul ritmo.

Invece per gli atleti che, dopo un periodo di allenamento in quota, non hanno riscontrato grossi benefici sconsiglierei di svolgere allenamenti intensi in quota, ma penso che una seduta di corsa lenta non possa far male.

Se poi la “la gita in montagna” è sotto i 1600m di quota, non c’è problema perché gli effetti dell’altitudine incominciano a scemare notevolmente, rendendo un soggiorno anche di più settimane inutile ai fini degli adattamenti visti finora ma avendo un vantaggio molto grande ovvero quello di riuscire ad allenarsi con un clima molto più fresco.

martedì 7 agosto 2018

VELOCI COME TORTU, RESISTENTI COME MO FARAH: GUIDA SUGLI SPRINT PER IL RUNNER

Quanti di voi si sono trovati almeno una volta a svolgere delle ripetute da 100m/150m in salita tirate al massimo con 60” di recupero?


Penso in molti, visto che questo è uno degli allenamenti più utilizzati in Italia quando si parla di sprint in salita.


Peccato che questo tipo di allenamento ovvero le ripetute di 20/30” in salita “tirate alla morte”, come si dice in gergo, con recupero breve, diventino uno sforzo prevalentemente anaerobico lattacido, per cui sarà una vera seduta intensa con conseguente bisogno di recuperarla; può anche avere un senso svolgere tali ripetute se inserite in un programma per un mezzofondista veloce o per un elite, i quali molto spesso si giocano la gara nelle parti finali della competizione.

Invece per l’amatore medio dedito a gare sopra i 5km, trovo abbastanza inutile dedicare una seduta intensa a finalizzare la volata, certo anche l’amatore si troverà a finire una gara in volata, ma prima dovrebbe dedicare il poco tempo a disposizione per migliorare altri aspetti dell’allenamento ben più importanti e poi la volata viene anche allenata con i “veri” sprint in salita che sono un allenamento meno invasivo per il recupero.


Per non parlare di chi pratica la così detta “trasformazione”. Concetto ormai radicato nell’ambiente fidal da anni, dove si dice che se non si “trasforma” il lavoro svolto in salita, facendo qualche allungo o addirittura ripetute o medi, si perderanno i benefici dell’allenamento svolto in salita o si avranno le gambe imballate per giorni. C’è da dire che alternare nella stessa seduta ripetute in salita con ripetute in pianura, può essere un mezzo di allenamento valido se si preparano campestri, gare collinari o competizioni con frequenti cambi di ritmo.

Quindi ripetute in salita + ripetute in pianura non è mezzo di allenamento da buttare, ma quello che è sbagliato è il concetto di “trasformazione” visto che non esiste una trasformazione a livello organico indotta da questo approccio su un così breve termine, ma esiste invece, una trasformazione a lungo termine per esempio quella di portare una tipologia di allenamento a inizio stagione come gli sprint in salita a diventare sprint in pianura lungo il corso dell’anno, come vedremo in seguito a questo articolo.

I “veri” sprint utilizzati dal runner, avranno una durata compresa tra gli 8” e i 12/13” con recupero completo 2’/3’, così che lo sforzo sia prevalentemente anaerobico alattacido e non ci sia una produzione eccessiva di acido lattico, consentendo la massima efficienza e controllo della tecnica di corsa.

Quindi a cosa servono realmente gli sprint per un podista ?

  • Gli sprint sono un ottimo mezzo di allenamento per il fondista, infatti insieme all’allenamento in palestra migliorano il fitness neuromuscolare ovvero la connessione mente muscolo, andando a “svegliare” il sistema nervoso centrale (SNC), molto spesso “addormentato” nel runner medio, aumentando così l’efficienza della corsa. 
  • Altro aspetto importante è che migliorano la capacità di andare a reclutare un alto numero di fibre veloci, in modo che il corpo aumenti il suo bacino di fibre a disposizione e sia più facile andare ad utilizzarle durante lo sprint finale in gara. 
  • Aiutano a migliorare la tecnica di corsa, aumentando la capacità del corpo di immagazzinare e sprigionare energia, ovvero la stiffness degli arti inferiori, accentuando l’estensione dell’anca (elemento molto spesso da migliorare per il podista), diminuendo l’overstride (l’appoggio del piede durante il contatto con il suolo troppo oltre il centro di massa della persona) che molto spesso è una causa di infortuni se troppo marcato, migliorano l’uso delle braccia e l’utilizzo del core durante la corsa, portando ad utilizzare i muscoli dell’addome per evitare la rotazione eccessiva del tronco dovuta alla notevole forza derivante dalle braccia. Quindi gli sprint possono aiutare a migliorare la tecnica di corsa a patto che si corrano nel modo corretto, come vedremo in seguito. 

PROGRAMMAZIONE

Gli sprint si possono dividere in due macro categorie ovvero gli sprint in salita e in pianura e vanno modulati lungo il corso della stagione, di seguito dividerò la stagione agonistica in tre fasi: generale, pre-agonistica, agonistica.


Come tutti i programmi di allenamento, cambiano in base alla gara che si sta preparando, per esempio un 800entista darà più enfasi a questo mezzo di allenamento trasformando gli sprint in salita svolti ad inizio stagione a sprint in pianura di 60m, fino ad allungare la distanza così che diventino un allenamento di SPEED ENDURANCE. Invece un maratoneta ha esigenze diverse e questo tipo di allenamento assumerà un ruolo di mantenimento già durante il periodo pre-agonistico.

Alcuni Allenatori come Steve Magness fanno ancora un altro distinguo tra gli atleti, dividendoli in fast-twitch (fibre veloci) e slow-twitch (fibre lente). Per esempio uno specialista dei 5000 che in proporzione rende meglio su distanze più brevi come i 3000m piuttosto che sui 10km, molto probabilmente è un atleta fast-twich che beneficerà maggiormente svolgendo sprint in pianura, invece l’atleta slow-twitch trarrà maggiori benefici nel mantenere gli sprint in salita anche durante il periodo agonistico.

Di seguito illustrerò una mia idea su come inserirli durante la preparazione di 5/10km (ricordo che comunque ogni atleta ha esigenze differenti sulla frequenza e sulla pendenza delle salite utilizzate, quindi il programma che funziona su una persona non è detto sia utilizzabile da tutti).

Ogni seduta che comporta allenamento di corsa lenta più sprint, deve contenere dopo la seduta di corsa lenta un secondo mini riscaldamento con esercizi di mobilità, più qualche allungo, perché anche se si è “caldi” dopo la corsa, il corpo non è ancora pronto ad un movimento con un così ampio range di movimento come gli sprint dove la velocità è sub-massimale.

Il recupero tra una prova e l’altra come scrissi nel precedente articolo sulla pliometria (https://runningtraining-blog.blogspot.com/2018/07/pliometria-ovvero-come-ho-imparato-non.html)  deve essere completo ovvero 2/3’ per consentire il recupero del SNC.


PERIODO GENERALE

C’è da fare subito una distinzione ovvero dividere gli atleti in due gruppi, dove il primo comprende i podisti non più giovanissimi e chi non ha mai affrontato questo tipo di allenamento, nel secondo gruppo invece fanno parte i runner più esperti che hanno già utilizzato questo mezzo di allenamento durante le passate stagioni.


  • La regola principale per il primo gruppo è quella della cautela ovvero gli sprint saranno inizialmente svolti a fine di una corsa lenta, la prima seduta comincerà con un numero molto basso di ripetizioni come 2 da 8”/10”, tanto per dare l’input al proprio corpo di questo nuovo movimento. La pendenza dovrà essere contenuta intorno al 6%, da ripetere una volta alla settimana, aumentando ogni settimana di una ripetizione o la durata della prova oppure la pendenza della salita fino ad arrivare ad un massimo di 10 ripetizioni di 10” con pendenze tra 8/10%. Una strategia per approcciare al meglio la prossima fase è quella di raggiungere la pendenza massima verso i ¾ di questo periodo per poi abbassarla fino al 6% (la modulazione della pendenza cambia sopratutto in base agli aspetti da migliorare dell’atleta, dove una pendenza maggiore darà più focus allo sviluppo della forza, mentre salite più leggere al miglioramento della velocità).

  • Il secondo gruppo partirà sempre da un numero basso di ripetizioni, perché, anche se ha seguito una programmazione che comprendeva sprint in salita, dopo un periodo di gare e uno di recupero, è da un po’ di tempo che non esegue gli sprint in salita, ricomincerà quindi con 2-4 ripetizioni con pendenza sul 6%, stesso discorso sull’aumento di settimana in settimana del gruppo precedente, ma le sedute a settimana potranno anche essere 2, il picco massimo sarà di 10/12 ripetizioni da 10”/12” con pendenze anche superiori se il focus è sulla forza a discapito della velocità, stesso discorso per la riduzione della % delle salite dopo i ¾ di questo periodo. 

PERIODO PRE-AGONISTICO

Questa fase sarà divisa in due sottoperiodi dove il primo periodo sarà focalizzato sul trasformare il lavoro svolto in salita nelle settimane precedenti, in sprint in pianura, alternando nello stesso allenamento sprint in salita e in pianura oppure alternare una seduta in salita con una in pianura.


In questo periodo si potranno inserire questi allenamenti alla fine di un lento per gli atleti più esperti, ma visto che la densità dei lavori intensi in questa fase sta aumentando si può inserire anche dopo i lavori come ripetute o medi, modulando il volume degli sprint. 


  • Il primo gruppo potrà cominciare alternando un allenamento di sprint in salita come un 10x10” con uno di sprint in pianura come un 4x60m, meglio eseguire quelli in pianura alla fine dei lavori svolti in pista cosi da sfruttare la pista. Oppure alternando nella stessa seduta 8x10” in salita + 2x10” in pianura e con il passare delle settimane diminuire il numero di ripetizioni in salita e aumentando quelle in pianura. Mantenendo questo tipo di allenamento 1 volta ogni 10gg-2settimane. Il volume totale per seduta sarà sempre sulle 10 ripetizioni totali e come distanza massima 80m. Nella seconda parte di questo periodo a seconda dell’atleta si potrà mantenere un alternanza di sprint in pianura e in salita oppure focalizzarsi solo sugli sprint in pianura, questo dipende molto dalle caratteristiche dell’atleta. 

  • Per il secondo gruppo vale lo stesso discorso per la frequenza e la progressione, il volume sarà leggermente maggiore, le ripetute potranno arrivare anche fino a 100m (non tutte). 

PERIODO AGONISTICO

In questo periodo, almeno per chi prepara gare di 5/10km, questo mezzo di allenamento comincia a passare in secondo piano. Dopo una fase di sviluppo di questa abilità nei mesi precedenti, seguirà un periodo di mantenimento dove il volume verrà ridotto, gli sprint potranno essere svolti a fine di un allenamento intenso oppure nel giorno precedente ad esso per “svegliare” il SNC, alcuni atleti ne beneficiano altri invece si stancherebbero inutilmente.

Oltre alla diminuzione del volume, anche la frequenza diminuisce diventando 1 volta ogni 10gg/3 settimane in base all’esigenze dell’atleta. Infine alcuni potranno svolgere solo sprint in pianura mentre altri avranno più benefici svolgendo ogni tanto un allenamento di richiamo di sprint in salita.


TABELLA RIASSUNTIVA

Sotto riporto una tabella indicativa per un’atleta fast-twich che prepara i 5000m, il quale beneficia maggiormente trasformando gli sprint in salita in sprint in pianura



TECNICA DI CORSA

Uno degli elementi più importanti per rendere efficace questo mezzo di allenamento è sicuramente la tecnica di corsa, molto spesso si sentono runner indecisi sul come correrli, se ricercare l’ampiezza o la massima frequenza.

Come tutte le cose la risposta sta nel mezzo, una frequenza troppo alta limiterebbe notevolmente l’estensione dell’anca, uno degli elementi fondamentali per una corretta tecnica di corsa, invece se i passi sono troppo ampi si tenderà a fare quasi dei balzi in salita che sono un altro tipo di allenamento, limitando troppo la frequenza.

Un altro fattore importante è quello di non dare mai il 100% durante gli sprint, per evitare di scomporsi troppo ma concentrarsi sulla tecnica di corsa, alcuni elementi a cui fare attenzione sono l’estensione dell’anca ovvero sentire che la forza di avanzamento partire dai glutei, “spingendo dietro”, le braccia dovranno avere una spinta molto enfatizzata cercando di non esagerare con l’avanzamento frontale perché porterebbero ad una eccessiva rotazione del tronco. Il core deve essere attivo per impedire alle spalle di ruotare eccessivamente sotto la forza della spinta delle braccia (considero gli sprint un ottimo mezzo per mettere in pratica gli esercizi svolti in palestra per il core durante la corsa).


Come tutti i mezzi di allenamento complementari, come anche la pliometria, non sono comunque indispensabili. Gli atleti ad esempio, che soffrono di problemi cronici ai tendini, potrebbero aumentare il rischio d’infortunio. Un’alternativa potrebbero essere gli sprint sugli scalini dove il tendine d’Achille è meno sollecitato causa la superficie piana. In ogni caso se inseriti subito con troppe ripetizioni può essere una causa d’infortunio, ma se si comincia con un numero molto basso di ripetizioni dando il giusto tempo al proprio corpo, risponderà adattandosi, un po’ come succede con i vaccini, si inietta una dose bassa del virus nell’organismo, per fortificarlo.

Per ogni domanda scrivete nei commenti.

sabato 28 luglio 2018

COME ALLENARSI DURANTE LE VACANZE


Molto spesso il podista, dopo una lunga stagione ricca di gare soprattutto nei mesi estivi, ad agosto va in vacanza e nella testa del runner incominciano a sorgere dubbi sul se e come allenarsi, con l’idea che se non si fanno ripetute, si perderà tutta la forma acquisita con tanta fatica lungo la stagione. 


Ecco queste sono le classiche paranoie alle quali vanno incontro molti runner, ignorando che il corpo dopo un lungo periodo agonistico e lavorativo, ha bisogno di rigenerarsi e recuperare, sia sotto l’aspetto fisico che quello mentale, quindi qual miglior modo per recuperare se non un periodo di vacanza?!


I sostenitori del “no pain, no gain” penseranno, “ma se non mi alleno come faccio a migliorare?! Gli elite mica si riposano, loro lavorano sempre duro”, è proprio qui che molti podisti sbagliano, infatti i professionisti si prendono annualmente una pausa dalla corsa molto più lunga di quella che il classico amatore si concede.

Un esempio è Bernard Lagat, con una carriera agonistica lunga più di 20 anni che con i suoi attuali 44 anni è ancora capace di correre 21km alla media di 3’02”/km, che afferma di prendersi ogni anno 5 settimane di pausa in cui non corre, ma pensa solo a rilassarsi e a passare del tempo con la famiglia.

Un altro esempio sono Galen Rupp e Mo Farah che, impostando due picchi di forma annuali, si concedono 2 settimane di completo riposo alla fine di essi, per poi passare altre due settimane di “jogging” per riprendere gradualmente.

Ci sono poi i keniani, alcuni inseriscono due settimane/un mese di riposo, altri come gli allievi di O’Connell, tra cui un certo David Rudisha, si prendono addirittura 2 mesi. Lo stesso Rudisha dopo il ciclo quadriennale di preparazione per le Olimpiadi di Londra, dove fece il record del mondo, passò 3 mesi di meritato riposo.

Quindi alla luce di quando visto fino ad ora, se pure gli elite si prendono periodicamente un periodo di pausa per ricaricare le pile, perché non lo dovrebbe fare un amatore che oltre allo stress indotto dall’allenamento ha pure un lavoro ?

Stare qualche settimana senza correre non vi farà che bene, aiuterà a recuperare fisicamente i dolorini o piccoli infortuni che il runner accumula lungo la stagione e permetterà di prendersi un tempo di relax dal lavoro ma anche dallo stress non indifferente indotto dall’allenamento.

Poi bisogna ricordare che “la forma” non può essere tenuta per sempre, ma si DEVONO prevedere periodi in cui ci sarà un calo delle performance. Questo concetto sta alla base di ogni programma di allenamento e senza un periodo di calo prestativo non si può sperare in un miglioramento futuro.

Il mio consiglio in definitiva per come allenarsi durante le vacanze si basa su quanto lungo è stato il macrociclo di allenamento, per esempio se si è cominciato a gareggiare con le campestri a inizio anno e poi si è passati alle gare in pista o alle “tapasciate”su strada fino a luglio, dovremmo imporci un periodo di stacco dall’allenamento di almeno 1-2 settimane.

Se invece la stagione appena conclusa non è stata così lunga o impegnativa, ma si punta a dare il meglio di sé durante le gare di settembre, consiglierei di far coincidere il periodo di vacanza con una fase di recupero, rendendola ancora più leggera delle classiche settimane dedicate allo scarico, facendo quasi esclusivamente corse lente.

Qui riporto una tabella indicativa sul come comportarsi durante un periodo di vacanza in base ai macrocicli annui (ovvero n° di picchi di forma programmati lungo la stagione), ricordo che ogni persona reagisce in modo differente, quindi magari c’è qualcuno che necessita di un tempo più lungo di recupero e altri meno.


Nelle settimane di ripresa consiglio di ricominciare in modo graduale con il chilometraggio e aumentarlo settimana dopo settimana. Le prime settimane cioè quelle elencate in tabella sono da svolgere facendo solo corsa lenta con al massimo qualche allungo, per permettere al corpo una fase di ri-adattamento al chilometraggio.

Fare qualche settimana di riposo dalla corsa però non ci autorizza a fare giri lunghissimi in bici oppure fare escursioni di ore ed ore in montagna, perché andrebbero a indurre uno stress diverso dalla classica corsa, alla quale il corpo non è pronto e molto probabilmente risponderà con dei DOOMS nei giorni successivi; quindi va bene fare passeggiate, escursioni, giretti in bici, ma attenzione a non strafare, ricordandosi che l’obiettivo principale di queste settimane è il riposo e la rigenerazione psicofisica.

Per gli highlander della corsa ovvero quelli che non saltano un giorno di corsa da anni e non hanno problemi fisici, consiglio di tagliare notevolmente il volume delle uscite e il numero delle sedute intense, cosi da fare una sorta di recupero attivo durante questo periodo.

Concludo ricordando che anche per chi non ha avuto una stagione delle più floride causa infortuni, ma in questo periodo sta iniziando ad “ingranare”, non sarà certo una settimana di vacanza (anche dalla corsa) a farvi perdere la condizione, visto che un tempo così breve è pressoché ininfluente sul calo delle performance, ma non potrà che aiutarvi a tornare più motivati agli allenamenti di routine.

Quindi godetevi la meritata vacanza.

Cosa siete soliti fare in vacanza? Riposo assoluto per settimane oppure non resistete a una corsetta tranquilla, scrivetelo qui sotto nei commenti.

sabato 21 luglio 2018

GUIDA COMPLETA SULLA PLIOMETRIA PER IL RUNNER


Molto spesso vediamo inseriti in alcuni programmi di allenamento, sia per il velocista che per il maratoneta, esercizi in pliometria (tipicamente dei salti/balzi, ovvero una rapida successione di una contrazione eccentrica seguita da una concentrica).


La pliometria può essere un’arma a doppio taglio perché può dare un incremento della performance andando a migliorare principalmente l’economia di corsa, ma se usata senza una dovuta programmazione può portare a un aumento del rischio di infortunio. 


Lo scopo di questo articolo non è quello di spiegare l’esecuzione di questi esercizi ma mostrare come programmarli nel migliore dei modi, cosi che l’atleta di resistenza possa trarne i maggiori benefici riducendo il rischio di infortunarsi .


QUANDO INSERIRLI

Molto spesso soprattutto in Italia, questi esercizi vengono inseriti durante la preparazione invernale in uno degli allenamenti più temuti, ovvero i circuiti, dove vengono svolti esercizi di forza o pliometria come salti, balzi ecc. con una fase successiva di corsa di “trasformazione” nonostante non abbiamo un reale riscontro scientifico. Andando a svolgere questi tipi di circuiti si andrà ad eseguire i salti con un elevato grado di affaticamento muscolare e del sistema nervoso centrale (SNC), cosa molto deleteria, perché la pliometria non deve essere svolta in uno stato di affaticamento pena l’aumento esponenziale del rischio di infortunio e la parziale vanificazione dei possibili benefici, dovuti alla mancanza di freschezza del SNC.

Quindi quando è meglio inserire questa tipologia di esercizi? Le scelte migliori a mio parere sono principalmente due in base al livello di esperienza dell’atleta con questa tipologia di esercizi:
Dopo una seduta di corsa lenta per l’atleta più esperto;
Come primi esercizi durante un allenamento di forza in palestra per l’atleta principiante-intermedio.

In entrambi i casi questi esercizi vanno preceduti da un riscaldamento specifico, con mobilità articolare e esercizi a carico progressivo.

PROGRAMMAZIONE

Per ridurre il rischio infortuni prima di arrivare ad eseguire i veri propri esercizi classici della pliometria, si dovranno svolgere delle fasi di adattamento per abituare il corpo al progressivo incremento dello stress che articolazioni e tendini dovranno sopportare, dovuto alla forte componente eccentrica che questi esercizi comportano.

Ogni fase avrà una durata diversa in base all’esperienza dell’atleta, i podisti alle prime armi con questi esercizi spenderanno più tempo per le prime fasi, quelle di adattamento, invece gli atleti più esperti dedicheranno più tempo alle fasi conclusive cosi da massimizzare i benefici con un rischio di infortuni meno elevato, dovuto agli anni di esperienza.

Per i principianti consiglio di focalizzarsi maggiormente sugli esercizi bipodalici e solo dopo aver appreso totalmente il movimento e aver un discreto controllo degli stabilizzatori dell’anca e del core passare alle varianti monopodaliche.

In ogni fase ci deve essere una progressione in termini di volume totale delle ripetizioni che cambia in base al periodo e al livello dell’atleta, una progressione per un principiante in un determinato esercizio potrebbe essere ad esempio: prima settimana 2x5, seconda settimana 2x6, terza 3x5 e nella fase successiva ricominciare da capo con la progressione. Il recupero tra un esercizio è l’altro deve essere di 2/3’ perché ogni serie deve essere svolta con la massima concentrazione possibile.

Come tutti gli stimoli allenanti anche questo deve avere una modulazione del volume e dell’intensità, in base a microcicli di scarico e carico durante la stagione.


Tutti questi esercizi sconsiglierei di svolgerli con scarpe minimaliste ma con scarpe normali da corsa non eccessivamente ammortizzate, ed eviterei di eseguirli sul cemento ma su un terreno leggermente più morbido.

FASE 1

Questa è la fase iniziale normalmente si inserisce ad inizio preparazione dopo alcune settimane di reintroduzione dell’allenamento della forza successive al periodo di off-season.

La prima e seconda fase si svolgeranno per tutta la durata del periodo generale/di costruzione.

Lo scopo di questa fase è quello di sviluppare la forza esplosiva concentrica e la capacita di attutire l’atterraggio.

Dovrebbe durare minimo 3 settimane, ma deve essere allungata per i principianti, questi esercizi possono essere inseriti 2-3 volte a settimane anche insieme agli allenamenti di forza.


  • BOX JUMP l’altezza da 10cm a 60cm dipende dal livello dell’atleta, la posizione di atterraggio non deve essere più profonda di un mezzo-squat. 

  • SINGLE-LEG BOX JUMP come l’esercizio precedente ma eseguito su una gamba sola 

  • LATERAL BOUND AND STICK rimanendo un secondo fermo in un lato prima di saltare verso il lato opposto. 


FASE 2

Questa è una fase di transizione verso la vera e propria pliometria, infatti la gravità incomincia a rivestire un ruolo importante andando ad aumentare il carico eccentrico.


  • I primi due esercizi della fase precedente rimangono gli stessi ma dopo il primo salto dove si atterra sul box si dovrà eseguire un salto per scendere, denominato BOX JUMP AND DEPTH DROP come mostra il video (https://www.youtube.com/watch?v=uoDrpDu4HVY), quindi si dovrà cercare di atterrare il più dolcemente possibile concentrandosi di attutire l’impatto con la forza dei glutei. 

  • · Al posto del lateral bound and stick si passa al HURDLE JUMP AND STICK (https://www.youtube.com/watch?v=EKN3vfOEtiQ) ovvero saltare un ostacolo, l’altezza non deve essere eccessiva, perché si deve avere il pieno controllo del movimento e dell’atterraggio, questo per i principianti, invece gli avanzati possono svolgerlo con una variante su una gamba sola denominata SINGLE-LEG HURDLE HOP AND STICK (https://www.youtube.com/watch?v=inxP4lFQu_8

FASE 3

Questa fase coinciderà con il periodo pre-agonistico e continuerà quasi fino alla fine dello stesso, si avranno 1-2 sedute settimanali.


  • In questa fase si incomincia a inserire la “vera” pliometria ovvero trasformando alcuni esercizi come il box jump and stick che diventa un BOX JUMP AND DROP JUMP, dove dopo aver saltato sul box si scende con un salto ma durante l’atterraggio al suolo si esegue un altro salto come nel video (https://www.youtube.com/watch?v=Va_Y8_Oi2xM ), oppure si può inserire un'altra variante dove nel secondo salto invece di cercare la massima altezza si atterra su un altro box chiamato BOX JUMP AND DEPTH JUMP, cercando di essere potenti e reattivi allo stesso tempo, arrivando il più in alto possibile. Stessa cosa per l’esercizio svolto su una gamba sola. 

FASE 4

Questa fase comprende l’ultima parte del periodo pre-agonistico e l’intero periodo agonistico, nel quale si cerca la massima performance e si deve programmare con cura l’inserimento di questi esercizi perché non vadano ad influire sugli allenamenti più intensi di corsa.

Quindi consiglierei di mantenere 1-2 allenamenti a settimana durante le settimane senza gare e nel periodo di scarico pre-gare più importanti andrei a ridurre sia il volume che l’ intensità, cosi da avere solo una fase di mantenimento.

In questa fase si cerca di minimizzare il tempo di contatto al suolo, cercando la massima reattività, l’obiettivo finale è quello di massimizzare il lavoro del sistema nervoso e muscolare con il minimo stress alle articolazioni e ai tendini.



  • Gli esercizi eseguiti con il box vengono sostituiti dal POGO JUMPS ovvero una serie di salti continui sul posto cercando la massima elevazione, sia in mono che in bipodalica. 




Questi sono esercizi di base ma i più avanzati i posso svolgere delle varianti come durante la fase del drop jump invece di saltare in alto, si può cercare di arrivare il più in lungo possibile cosi da massimizzare la forza espressa orizzontalmente, oppure utilizzare dei carichi come manubri o giubbotti zavorrati (variante più rischiosa per la questione infortuni).

Consiglio di eseguire questi esercizi sotto la supervisione di qualcuno che corregga la tecnica, ma se non si riesce ad avere nessuno, ci si può filmare, cosi da valutare se ci sono cose da correggere. Gli errori più comuni sono: le ginocchia che cedono verso l’interno (spesso dovuto ad una mancanza di forza e controllo del gluteo grande e medio), poca estensione dell’anca (dovuta ad un predominanza nell’uso dei quadricipiti al posto dei glutei) e un contatto troppo lungo a terra sovente causato dalle ginocchia che vengono piegate troppo e superano eccessivamente le punte dei piedi.

Un altro mezzo di allenamento che può essere considerato pliometria sono gli sprint, che possono essere inseriti parallelamente a questo tipo di esercizi e che tratterò in un altro articolo, oppure alcuni tipi di andature, ma consiglio di arrivarci per gradi.

Concludo dicendo che gli esercizi della fase 3 e 4, quelli definibili "vera pliometria" non sono per tutti infatti li sconsiglierei a chi non è più giovanissimo oppure chi è incline agli infortuni di carattere tendineo, per questi atleti suggerirei di fermarsi alla fase 2 quindi allungando la prima e seconda fase lungo tutta la stagione.
Infine penso che la pliometria non sia un elemento imprescindibile nella preparazione del runner per le lunghe distanze, ma per l'atleta "sano" può essere un ottimo mezzo di allenamento per migliorare la prestazione.

Per qualsiasi domanda o perplessità scrivete nei commenti.